Vorrei porgere di persona
i miei complimenti a colui che ha progettato l'autostrada per Cuneo,
perché un giro più arzigogolato di questo sarebbe stato ben
difficile da concepire. Il buon Walter è scusato, è forestiero, non
è pratico della strada statale... Ed io non oso troppo insistere, ma
in questo caso la strada statale sarebbe senz'altro più rapida, pur
con tutti i limiti di velocità. Carmagnola, Marene, Fossano, Cuneo,
voilà, altro che questi mille rovelli di curve e controcurve e
svincoli che ci portano a casa del diavolo! Mi ci vuole un bel po'
per raccapezzarmi e capire dov'è che siamo sbucati... In pieno
centro a Borgo San Dalmazzo: geniale, non c'è che dire!
Malimortacci...
Per fortuna, si
preannuncia una giornata splendida, con un cielo blu da far
dimenticare i disguidi automobilistici. Il tempo di un caffé a
Demonte e si riparte: il punto di partenza per oggi è Vinadio, sulla
piazza "dei camper". Saremo in tre: Walter, Alessandro ed
io, l'Armata Brancaleone all'assalto del mitico giro dei tre colli.
Gruppo perfettamente omogeneo, direi: Alessandro dotato di bici da
corsa d'ordinanza e fisico tiratissimo, senza un filo di grasso, il
polpaccio tutto un muscolo guizzante; Walter ed io in mountain bike,
sia pure con assetto stradale, e fisico... Ehm diciamo diversamente
asciutto. Beninteso, i muscoli guizzanti li abbiamo pure noi, solo
che li teniamo adeguatamente al sicuro sotto un morbido strato
isolante. Però una cosa l'abbiamo in comune, tutti e tre: sfoggiamo
orgogliosamente la divisa bianca, nera ed arancio del Team Nordovest.
Sbrigati i preparativi,
l'Armata Brancaleone si mette in marcia in direzione del bivio per il
Colle della Lombarda: trascinata dall'entusiasmo, per poco non mi
faccio stirare da un autoarticolato già al primo colpo di pedale.
Breve tratto di illusoria discesa, che sarà un calvario in risalita
alla fine della giornata, e poi subito a sinistra: via dal traffico
dei camion che affollano la Valle Stura, ma in compenso tormentati
dal traffico di auto e moto di turisti, pellegrini e compagnia
cantante. Attacchiamo la salita, 21 km per 1.400 m di dislivello,
entusiasti e baldanzosi, ben sapendo che solo uno di noi potrà
permettersi entusiasmo e baldanza anche dopo i primi due chilometri.
Abbiamo ancora il fiato per chiacchierare tra noi e salutare a gran
voce chi sale a piedi, trascinandoci nel contempo su per il primo
"scalino" a tornanti oltre l'abitato, per il tratto lungo
il torrente, per la risalita verso le baracche diroccate. Per me il
tornante è sempre un toccasana: anche dal punto di vista
psicologico, una salita a tornanti è mille volte più domestica di
una lunga rampa, a parità di dislivello. L'ombra scura copre ancora
buona parte delle montagne intorno; solo le cime brillano di una luce
viva ed intensa. L'aria è ancora fredda, troppo per levare via il
gilet. E' Walter, alias il President, a dettare il ritmo su questa
prima ascesa: devo dire che faccio una certa fatica a stargli dietro.
Mi tocca spendere parecchio tempo in piedi sui pedali, almeno finché
mi ostino a non voler usare la coroncina anteriore più piccola, ma
ho come la sensazione che pagherò la mia audacia.
Il tratto centrale in
falsopiano offre a tutti l'occasione di rifiatare. Ci si scruta a
vicenda: Alessandro probabilmente preoccupato per la possibile
prematura dipartita dei suoi compagni di viaggio, causa fatica e
stenti; Walter ed io impegnati a non cedere l'uno all'altra la
posizione di coda nella carovana. La maglia nera è sempre stato un
titolo ambitissimo tra noi paracarri DOCG!
Oltre il bivio per il
Santuario di Sant'Anna, possiamo sperare di esserci liberati di una
bella fetta del traffico d'auto, anche se i viandanti a motore non
mancano nemmeno quassù. Le forze per menar la lingua ci sono ancora.
Mi stupisco di come Alessandro riesca a resistere a quest'andatura da
bradipo stanco, lui che è capace di concludere una Nove Colli in
poco più di sette ore... Eppure non si allontana di un metro e
riesce persino a mascherare il disgusto!
Finalmente, usciti dal
bosco, ci ritroviamo con un po' di sole e tepore sulla schiena.
L'ambiente è da cartolina: prati, laghetti, cielo terso, nemmeno un
batuffolo di nuvola. Gli ultimi cinque km concedono un po' di respiro
ma infliggono anche qualche rampetta traditrice... Proprio su una di
queste, il President fa un allungo e si invola verso il colle. Pochi
metri ed Alessandro ed io scopriamo il motivo: Walter ha immolato i
suoi polpacci per arrivare prima, afferrare la macchina fotografica e
scattare un'istantanea ai suoi due compagni di viaggio. Quasi quasi
c'era da inscenare uno scambio di borraccia in stile Coppi &
Bartali...
Approfitto dell'appetito
dei due colleghi per portarmi avanti con il lavoro in discesa. Lenta
come sono, se non mi avvantaggio un po', rischio di costringere i
tapini ad un'attesa eterna giù ad Isola: beh, eterna ma neanche
troppo, da quando viaggio in MTB. In effetti la discesa in Francia
per la strada della Lombarda, con il potente mezzo ed i freni a
disco, è divertente persino per me: strada larghissima, asfalto
impeccabile, tornanti ampi. Il tratto verso il fondovalle è un
imbuto ancora tutto in ombra e ben poco confortevole quanto a
temperatura...
Ad Isola, tappa obbligata
per svestizione e pieno alle borracce, nonché la mia immancabile
visita all'adorato "wc public". Poi mi tocca affrontare
l'incubo: quella decina di km o poco più verso St Etienne...
Odiosissimo tratto con leggeri saliscendi dove io di solito mi pianto
come un paracarro. Infatti, i miei due compari si avviano con
cautela... Ma io resto subito parecchio indietro. E che barba. Le
gambe, in pianura o simile, non girano, non ne vogliono sapere. Io
sbuffo, impreco in silenzio, ma non c'è verso. Quando i colleghi si
accorgono del vuoto alle loro spalle, passano in modalità di marcia
"carro funebre" e mi permettono di riavvicinarmi.
Nei pressi di St Etienne,
suggerisco di imboccare la strada sulla destra, dotata di pista
ciclabile, abbandonando la principale, perché "c'è meno
traffico": infatti, l'unica auto che incontriamo è quella che
invade la pista e per un pelo non ci fa volare tutti e tre per aria
come birilli, scatenando le sacrosante ire del President. Appena
oltre il paese, poi, inizia la lunghissima ascesa alla Bonette. 25
km, circa: blandi, all'inizio, poi sempre più severi, complice la
quota. Si arriverà a superare quota 2.800 m. Il caldo ora è
adorabile: per alcuni senz'altro una temperatura da forno; per me,
freddolosa inguaribile, si sta appena appena bene.
Procediamo più o meno
insieme, a parte qualche inevitabile distacco mai comunque eccessivo.
Il President accusa un po' di malessere, dovuto, dice lui, alla
pressione: preferisco tenerlo d'occhio, questo soggetto pericoloso;
sarebbe capace di arrivare lassù anche se gli piombasse un meteorite
sul cranio, tosto com'è... Se lo si aspetta, almeno non c'è il
rischio che si affanni per andar più forte di quanto si senta. Bivio
per St Dalmas Le Selvage: la tentazione è di girare di lì... Anche
per quella via si arriva alla Bonette, ma gli ultimi km sono su
strada sterrata. Per oggi no, restiamo sul classico. I tornanti, un
po' d'ombra, il pianoro con il rifugio e poche case; ancora un paio
di km e siamo a Bousieyas, con una bella fontana in pietra a
disposizione. Nel frattempo, ci sorpassano alla spicciolata altri
compagni di squadra, partiti parecchio più tardi di noi da Vinadio e
che faranno lì ritorno molto prima di noi: tempo di un saluto e sono
già lontani. C'è chi può. Anche Alessandro potrebbe, probabilmente
più di tutti, ma sceglie di restare con il President e con me.
Secondo me c'è un secondo fine nel suo gesto altruistico: gli ho
accennato di un'eccellente boulangerie a Jausiers... E' costretto ad
aspettarmi, se vuole che lo conduca in tale luogo di perdizione.
Ancora quattordici km,
anche se la vetta ormai si vede. Saliamo con calma, in pieno sole, un
po' di vento che rinforza man mano che prendiamo quota. Walter appena
dietro, controllato a vista: brontola di non essere in forma, ma non
molla una pedalata. Io "me la tiro" tornando indietro, ogni
tanto, per controllare che sia tutto ok... In effetti però, quassù,
le gambe sono davvero in condizione eccellente. Riesco persino a
tirare un rapporto molto più duro della norma, per questa pendenza,
per rallentare quanto basta da adattarmi all'andatura del President.
Mi sento un po' in colpa: probabilmente, buona parte della sua fatica
è data dalla scelta della MTB in luogo della bici da corsa... Scelta
che non avrebbe mai fatto se non per solidarietà nei miei confronti!
Gli ultimi sette km,
oltre le baracche di Camp des Fourches, sono per lui un bel calvario.
Il testone quasi non si lamenta, ma la sua fatica è evidente.
Confesso di essere parecchio preoccupata: se dovesse capitare
qualcosa di storto quassù... Ok, so bene che sto esagerando; la
cotta sulla salita della Bonette è la norma, anzi ciò che è fuori
del normale è giungere in cima indenni. Però... Conto i chilometri,
i metri, le pedalate. Dai che ce la fai... Dai che manca poco...
Pochissimo, infatti. Raggiungo il colle, dove Alessandro, che si è
portato avanti quel tanto che gli è bastato per fare il "tour"
della cima, siede in paziente attesa. Walter è subito dietro. Non
sono un medico, ma, nella mia ignoranza, credo che, se il problema è
la pressione alta, sia opportuno andare giù prima che subito...
Quindi, bando al giro della cima: se avessi un po' più di
confidenza, gli darei una pedatona nel didietro e lo scaraventerei
direttamente a Jausiers, ovvio a fin di bene. Con più diplomazia,
invece, mi limito a sollecitare una rapida partenza. Alessandro non
se lo fa ripetere due volte; il richiamo dello stomaco è ormai
fortissimo. Giù, in discesa: qui sono io che, come al solito, mi
faccio attendere. La bontà di Walter è tale da impedirgli di
insultarmi pesantemente ad ogni curva... Che ci posso fare? La MTB ha
già migliorato moltissimo la mia sensazione di stabilità e la mia
velocità in discesa, ma le curve ed io non abbiamo proprio un buon
rapporto. Un amico, tempo fa, mi sgridava perché "faccio le
curve quadre" e non aveva affatto torto!
Se posso trovare un
difetto alla MTB, è il senso di formicolio alle mani nelle lunghe
discese. Infatti arrivo alle porte di Jausiers con le dita
addormentate. Fontana, pieno alle borracce, poi finalmente l'agognata
meta: la boulangerie. Soddisfazione per tutti: anch'io ne approfitto
per prendere due pezzetti di croccante alle mandorle. Uno è
immediatamente fagocitato, l'altro servirà da colazione domani. Il
President mi sembra in buone condizioni... Ormai il più è fatto.
Ogni volta che percorro questo itinerario, quando raggiungo Jausiers
mi sembra di aver concluso la fatica. C'è ancora la Maddalena, ma
non è salita tale da impensierire. 16 km per 700 m di dislivello.
Ancora in sella: qualche
km lungo il torrente Ubaye, superiamo La Condamine e finalmente diamo
l'assalto all'ultima ascesa. Sarebbe vietatissimo salire in bici dal
versante francese, così come minacciano parecchi cartelli, per via
di una vecchia frana che ogni tanto dà segni di vita e movimento. Ma
noi, da buoni italiani, non ci siamo e se ci siamo dormiamo...
Alessandro ed io approfittiamo di una sosta ai box del President per
prendere un po' di vantaggio; tanto ormai io sono così gasata che
farò inversione al primo abitato, Meyronnes, per tornare a
controllare che sia tutto ok. Sulla Maddalena, persino io posso
permettermi gli scatti. Lascio andare Alessandro, recupero Walter,
tira e molla fino a Larche: sulle nostre teste, un cielo ancora
sfacciatamente terso; la valle prende i colori della sera. Anche se
non ho idea di che ora sia... Ho perso la nozione del tempo.
Da Larche, mi lancio
baldanzosa in una progressione che vorrebbe coprire tutti e cinque i
km mancanti al colle; in effetti, sputando i bronchi, per i primi tre
pedalo davvero spedita... Poi, un muro di vento, improvviso,
insormontabile ed ovviamente contrario. Congelamento istantaneo e
sforzi improvvisamente vani: non si procede, o meglio, si va avanti a
velocità di lumaca. Non c'è speranza che la sua violenza si
attenui, prima del colle: anzi, sarà vento contrario fino a
Vinadio... Le auto degli escursionisti se ne vanno alla spicciolata,
le ombre si allungano, il verde dell'erba è più intenso. Con immane
fatica raggiungo il colle e levo le ragnatele di dosso al povero
Alessandro, seduto in paziente attesa. Lo invito ad andar giù,
prendere l'auto e partire, lui che "tiene famiglia" e
rischia di fare davvero tardi stasera. Ma, da quel signore che è, il
compare rifiuta. Mi vesto, torno indietro per un breve tratto finché
non incontro Walter: 'rcamiseria... Io ho sputato l'anima per
arrivare su il più in fretta possibile e lui, bel bello, è già
qui!
Tappa al bar lungo il
lago; il President agogna una bottiglia d'acqua frizzante. Lo
capisco, è cosa che capita spesso anche a me, sia pure non oggi.
Attendo fuori, godendomi lo spettacolo del luccichio sulla superficie
del lago appena increspato e degli ultimi caldi raggi di sole. Si
riparte: via il pianoro, poi giù per i tornanti fino ad Argentera.
Il traffico di auto e moto è sostenuto, ma al semaforo rosso in
paese si fermano tutti. Io, manco a dirlo, passo... Ho perso i due
compari e devo sbrigarmi!
Il pianoro appena prima
del Villaggio Primavera è un calvario, con il vento contrario ed i
merenderos che sciamano lungo la strada. Poi la pendenza torna
favorevole: la galleria, le Barricate meravigliose al tramonto,
Pietraporzio, Sambuco. Faccio del mio meglio per mantenere un ritmo
appena decente, anche quando la strada risale un po' o viaggia in
piano oltre il bivio per le Terme di Vinadio: tutto ciò mi costa una
gran fatica... Ma i miei compagni hanno misericordia ed evitano di
infliggermi l'umiliazione di un sorpasso col sorriso sulle labbra.
Grazie... Ne sarei psicologicamente distrutta.
L'ultima asperità della
giornata è la risalita a Vinadio: breve, dolce, ma non per chi ha
già nelle gambe quasi 160 km e 4.000 m di dislivello in salita.
Superato anche quest'ultimo scoglio, la nostra avventura si conclude
al parcheggio, dove l'auto di Walter, per fortuna, c'è ancora. Ci si
saluta, ci si dà appuntamento alla prossima mattana; si fa il
possibile per rendersi vagamente presentabili e poi via. Sono le
sette e mezza, cavoli, non mi ero resa conto che fosse così tardi,
ma non importa. Vorrà dire che, per questa sera, le tre belve che mi
attendono a casa dovranno tenersi il languorino per qualche ora in
più.
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