Un abbaio insistente e
perentorio risveglia il neurone intorpidito dal sonno arretrato e
dall'umidità appiccicosa della nebbia. Corro da un'oretta, le gambe
ancora ingessate nonostante i saliscendi; lungo la schiena, brividi.
Ho appena attraversato la minuscola valletta tra la chiesetta di
frazione San Bernardo e la località Lazzarino, entrambe in
territorio di Monteu Roero: breve ma ripidissima discesa, altrettanto
breve e ripidissima salita; in fondo, un gelido tuffo nella nebbia,
che solo un centinaio di metri più in alto si è già diradata.
Tutt'intorno, le prime colline del Roero, congelate in uno scatto in
bianco e nero, i due soli colori di cui tocca accontentarsi in queste
malinconicissime giornate invernali.
Intravedo a malapena la
fonte dell'imperiosa emissione sonora: la sagoma di un cagnotto, a
circa un centinaio di metri da me. Scuro, snello, qualcosa che
somiglia ad un pastore tedesco. L'abbaio è potente, ma la coda
sventola in segno di buona intenzione. Mi fermo, mi chino, allargo le
braccia: "Ciao piccolo... Vieni qui!". Il cagnotto, ancora
lontano, resta per un secondo immobile, la coda dritta: solo un
istante, poi parte a razzo verso di me. Poche falcate e mi trovo le
sue zampone addosso: mi ci vuole un bello sforzo per evitare di
ruzzolare per terra. La gioia del piccolo, piccolo per modo di dire,
è incontenibile: lo copro di coccole e lui, orecchie basse, quasi mi
striscia intorno. Poi si lancia, di corsa, nella direzione in cui
stavo andando io. Mi rialzo, scuoto via il fango delle sue zampe,
riparto anch'io. Raggiungo il bivio: il percorso che avevo pensato
per oggi prevede di svoltare a destra, in direzione di San Grato e
poi, più avanti, Monteu Roero. Il peloso mi segue, anzi, mi precede.
"Poco male", penso. "Arriverà alla fine del suo
territorio e tornerà a casa". Ma, un chilometro più avanti, il
lupone è ancora con me. I casi sono due: o questo personaggio è un
latifondista, ha un concetto molto ampio di territorio... Oppure ha
deciso che gli sono simpatica. Ma a me sale l'ansia. Qui, per adesso,
siamo lungo una stradina che è proprio solo di servizio tra le
cascine; passerà un'auto ogni morte di Papa. Ma tra poco c'è
l'incrocio con una strada già un po' più battuta... Troppo
pericoloso per il lupone!
Il bellissimo peloso,
incurante delle mie preoccupazioni, mi corre davanti, con ampie
variazioni sul tema in mezzo alla boscaglia ed ai noccioleti. C'è
una gioia incontenibile nel suo modo di correre e saltare. Sembra
distratto da tutto, ma mi tiene d'occhio. Infatti, quando giungiamo a
ridosso dell'incrocio, mi fermo e gli faccio un fischio: dietrofront,
torno indietro. Una massa di pelo scuro mi sfreccia accanto e torna a
precedermi, cento metri avanti. E va bene... Mettiamola così: adesso
ci facciamo un bel giretto tra i boschi... Però poi torni a casetta
tua, ok?
Detto, fatto. Imbocchiamo
la stradina sterrata che va verso la località Caratto dei Boschi:
l'ultima neve si scioglie e lascia uno strato di fango
scivolosissimo. Confido nel potere delle suole delle La Sportiva. Il
lupone non ha problemi: con le sue quattro zampe motrici, la forza e
l'entusiasmo di un cagnotto giovane e ben nutrito, saetta come una
lepre da destra a sinistra. Di tanto in tanto sparisce tra le
frasche; un gran crepitio ed eccolo che spunta da un'altra parte. Ho
un po' di timore, questa è zona di caccia... Ma finora non ho ancora
sentito spari.
Un pallido sole cerca
spazio tra la foschia, ma il freddo continua ad essere pungente.
Sulla neve restano le orme delle mie scarpe e delle zampe del lupone,
che ha una falcata, ad onor del vero, un po' sconclusionata.
Arriviamo alle poche case di località Caratto: da qui, imbocchiamo
una deviazione che scende giù, nel fondo della valletta laterale, e
lì muore in mezzo ai campi coltivati. Qui siamo sul versante in
ombra della collina; la neve resiste e mi costringe ad una corsa più
impacciata. Il lupo non ha problemi... Pianta il naso nella coltre
bianca, segue chissà quale pista.Di tanto in tanto si ferma, come
folgorato: immobile, in una curiosissima posizione con una delle
zampe posteriori che rimane sospesa in aria; il naso al vento. Per
terra, orme di lepri e tracce di cinghiali, rami spezzati. I colori
cupi fanno contrasto con i sottilissimi fili verdi che spuntano nel
campo coltivato; nella mia ignoranza, presumo sia grano.
Vieni lupo, si torna su!
Accanto alle case, ripercorriamo la strada sterrata. Ancora una
deviazione, un'altra discesa verso il fondo della valletta: ombra e
freddo pungente, cosa non si fa per accumulare un po' di dislivello.
Il cagnone asseconda ogni mio cambio di direzione: ha deciso di
concedermi l'onore di essere il suo capobranco, per oggi. Quando mi
fermo per un, ehm, pit stop, addentrandomi un poco tra gli alberi,
lui si volta e non mi vede più: è un attimo, naso a terra, me lo
ritrovo accanto, è il caso di dirlo, nel momento del bisogno.
Approfitto della pausa per accarezzargli il testone e guardare quegli
occhioni scuri dolcissimi, prima che questo cavallino riprenda la sua
corsa. Ripassiamo davanti alla cascina da cui il piccolo è uscito:
spero che, a questo punto, sia soddisfatto della corsa e se ne torni
a casa... Macché: siamo dinuovo sull'asfalto, sulla stessa strada
già percorsa prima; io proseguo e lui... Per un attimo, lo vedo
puntare in direzione di casa. Allungo il passo: vuoi vedere che ha
deciso di tornare alla cuccia? Macché. Qualche minuto e sento alle
spalle un galoppo forsennato. Il peloso mi sorpassa, si ferma, si
volta, mi guarda come per dire "Hai visto, sei contenta? Sono
tornato!". Piccolo mio, ascoltami, io ti adoro; fosse per me, ti
porterei a casa subito... Ma tu hai una casa, sei un bel cagnotto
curato e gioioso; fammi questo favore, torna da dove sei venuto... Ho
troppa paura di vederti correre così sulla strada! E' vero, qui non
passa quasi mai nessuno, ma basta anche un solo veicolo per rischiare
troppo...
Dinuovo, all'incrocio con
la strada per San Grato, torno indietro. Il lupotto immediatamente si
adegua al dietrofront. Ha energie da vendere, schizza dentro e fuori
dalle sterpaglie; ha il pelo ricoperto di foglie secche e rami...
Intanto, la temperatura sembra farsi un po' meno rigida.
Questa volta, direi che è
il caso di riconsegnare il lupo al legittimo proprietario. Mi
avvicino al cortile della cascina: due uomini, presumo papà e
figlio, sono al lavoro in un'aiuola. "Chiedo scusa... E' vostro
questo cane?". Sorridono: "Ti ha seguita?". Eh sì,
parecchio... Provano a richiamarlo: "Pluto, ven si, Pluto!".
Ma Pluto – adesso so come si chiama! - se ne guarda bene,
dall'avvicinarsi. Quasi sorride, beffardo. "A lui piace
correre", mi dicono. Già, me ne sono accorta! Va bene, cedo...
"Gli faccio ancora fare una corsa fino al Caratto, poi ve lo
riporto". Alè, altro giro, altra corsa: strada sterrata, la
stessa di prima; la neve si è sciolta un po' di più; c'è un po'
più fango. Sento in lontananza un paio di colpi di fucile: quei
maledetti... Li sente anche Pluto, che si ferma pensieroso. Poi
riprende a correre, ma senza più allontanarsi molto da me. Ho il
cuore in gola, non certo per la fatica della corsa: Pluto, ti prego,
non infilarti più nel bosco... Quei dannati, che venga loro un
accidente, sparano a qualsiasi accenno di movimento; non potrei mai
perdonarmelo, se qualcuno ti facesse del male!
Questa volta, al Caratto,
attraversiamo la frazione e proseguiamo per un tratto lungo la
stradina che torna asfaltata, intavolando un paio di accese
discussioni con i cani a guardia dei giardini. Poi torniamo, per
l'ennesima volta, sui nostri passi. Non so se sia intimorito dai
colpi di fucile o se sia semplicemente un po' stanco, ma Pluto non si
allontana più molto da me. Quando raggiungiamo i paraggi della
cascina, il suo padrone è già fuori e lo chiama. Pluto sembra,
questa volta, volersi rassegnare: saluto, proseguo la mia corsa. Ma
non faccio in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che...
L'inconfondibile galoppo alle mie spalle. Eccolo dinuovo... E il
padrone che continua a chiamarlo, inutilmente. OK Pluto, ho capito,
dai. Ti accompagno a casa. Mi fermo: il lupone si avvicina; gli
accarezzo la schiena, lo prendo per il collare. E' riluttante; quasi
si nasconde dietro le mie gambe... Mi si spezza il cuore. Il padrone
quasi si scusa: "Lui ama correre, ma sa che adesso lo devo
chiudere nel recinto...". Beh, quel che è certo, dalle quattro
parole che scambio con lui, e dal modo delicato in cui lo vedo
afferrare il collare, è che quest'uomo ha molta cura per il suo
cagnotto. Se solo avessi avuto mezzo dubbio, me lo sarei già portato
via, questo lupetto... "Di notte lo faccio dormire in garage,
perché fuori fa freddo. Al mattino però lo libero, perché un cane
sempre chiuso soffre...". E' senz'altro vero, anche se io, dal
mio punto di vista di mamma iperprotettiva, fatico moltissimo ad
accettare che un cane sia libero di girare solo per la campagna.
Anche se c'è poco traffico, anche se è una zona tranquilla. Ai miei
bestioni non permetto di muovere nemmeno mezzo passo senza
guinzaglio, e già così ho comunque l'angoscia che possa accadere
loro qualcosa... Un'ultima carezza: "Vai a casa, Pluto. Prometto
che torno per portarti a correre un'altra volta, adesso che so dove
abiti". Ma la mia coscienza rimorde: ci siamo fatti due ore di
buona compagnia, ma lui vorrebbe stare ancora con me...
Riparto di corsa in direzione di
San Grato. Andrò ancora fino a Monteu, poi dietrofront: occhio e
croce, tenendo conto delle varie deviazioni dedicate a Pluto, questa
mattina dovrei racimolare più o meno 35 km. Poi mi tocca rientrare,
perché a casa le tre bocche canine sono in attesa della pappa.
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