Chissà perché, quando
Matteo mi ha mandato via mail il tracciato dell'itinerario di corsa
che avrei dovuto seguire oggi, ho immediatamente pensato che qualcosa
sarebbe andato storto. Geograficamente parlando, intendo dire.
Partenza da Ponte Belbo,
nel territorio di Castino. Sono le sei del mattino, più o meno; è
ancora quasi buio. Il termometro della Zafira segna un grado e mezzo:
per la miseria, quando ho acceso il motore, a casa, ce n'erano dieci
in più... Va bene che nei paraggi del Belbo, quaggiù, fa sempre un
freddo suino, ma così è troppo! Sono qui in pantaloni e maniche
corte; che faccio? Domanda oziosa. Non ho molta scelta. Sono in
ballo, devo ballare. Mi carico lo zainetto, stracarico di cibo e con
camel bag sulle spalle, e parto. In salita, per fortuna.
Il bar sull'incrocio è
già aperto. Supero l'unico distributore automatico di pellet che
abbia mai visto e comincio, con calma, la salita verso Bosia, in
attesa che la circolazione sanguigna torni a raggiungere le
estremità, naso compreso. La luce del giorno, fioca fioca, si sta
appena affacciando alla valle: per evitare di portarmi appresso tutto
il giorno la pila frontale, il giacchino rifrangente ecc, ho deciso
di confidare nella buona sorte e nella sobrietà mattutina dei pochi
automobilisti della valle. Ma sarò più tranquilla tra un po'.
La prima salita è
morbida ma lunga. Raggiungo e supero i tornanti di Bosia, scatenando
i latrati di un buon numero di cani, per la gioia dei padroni ancora
immersi nel sonno profondo. Ma, per il momento, né l'ascesa né
l'entusiasmo valgono a scaldare un poco le mie ossa intirizzite. La
luce illumina appena la parte alta dell'altro versante... E il freddo
pungente mi costringe alla prima urgente sosta idrica tra le
accoglienti fronde di un noccioleto.
Qualche auto, un paio di
furgoncini. La strada spiana appena prima del bivio per il centro di
Cravanzana e scende poi leggermente, per me che rimango all'esterno
del paese; passa tra un negozio di alimentari ed un'osteria dove un
pomposo “Wine Tasting” mi fa venire ancor più la pelle d'oca –
siamo a Cravanzana, santiddio, altro che “wine tasting”... Ma il
gas di scarico di un'Ape mi intossica i polmoni ed i pensieri.
Dovrebbero bandire l'Ape come arma di distruzione di massa...
Quando la strada riprende
a salire, mi fermo ad ammirare e fotografare Cravanzana illuminata in
pieno dal primo, limpidissimo sole che colora i vecchi muri di
mattoni; pochi istanti prima di ripartire in salita, ancora per
qualche km in direzione di Feisoglio. Ancora ben poco movimento di
veicoli; quanto ad esseri umani in carne ed ossa, a parte gli
avventori del bar alla partenza, non ne ho ancora visti. E non ne
vedo nemmeno attraversando Feisoglio per tutta la sua lunghezza, fino
al magnifico viale con alberi carichi di fiori rosa.
Al bivio successivo,
svolto a sinistra sulla sonnacchiosissima piazza. Devo imboccare una
strada, già percorsa almeno due volte in salita, molto secondaria,
che scende in Valle Bormida, nei paraggi dell'incrocio con la salita
per Levice. Ci sono già passata, appunto: quindi, vado sicura.
Le mie certezze, però,
si infrangono dopo pochi metri di salita. C'è un bivio. Bene: ma io,
quando sono arrivata quassù in direzione opposta, da quale delle due
strade sono arrivata? Provo ad andare a memoria e sensazione; imbocco
a sinistra. Qualcosa però non mi convince. Salendo a Feisoglio avevo
il sole a sinistra; adesso me lo ritrovo completamente a destra...
Significa che questa strada torna indietro rispetto alla direzione
che ho tenuto finora. Non va bene; dovrei al massimo viaggiare in
direzione più o meno perpendicolare. E poi qui è un dedalo di
deviazioni verso le cascine, una strada minuscola devastata dalle
buche, dove l'asfalto è un lontano ricordo. Di certo non sono
passata di qui in bici. Non me lo sarei scordato, questo posto.
Ergo, dietrofront. Torno
al primo incrocio dopo Feisoglio ed imbocco l'altra alternativa. Si
sale ancora un poco, fino ad una bella radura con alcune vecchie
case. Incappo in un altro bivio: l'arrivo di un cagnotto tutto
festante, probabilmente un cane da caccia, con i campanellini al
collare, mi distrae al punto che non ci faccio caso. Così, di lì a
poco, mi rendo conto che anche questa volta sto viaggiando lungo una
strada che non è quella giusta. Pazienza, mi dico. Senza dubbio sto
scendendo comunque in Valle Bormida. Senza dubbio una strada come
questa non va a perdersi nel bosco. Ma, soprattutto, questo posto è
bellissimo. Bosco fitto, le foglie degli alberi ancora minuscole e di
un verde chiarissimo; i raggi del sole che creano giochi di luci ed
ombre fra i tronchi. Dovunque io mi trovi, vorrei poterci rimanere...
La strada corre dapprima
in una sorta di gola, chiusa e stretta; poi, dopo un tornante a
destra, si apre sul panorama senza fine dei boschi: sembra di essere
in montagna, lontanissimi da tutto e da tutti, anche se ho lasciato
Feisoglio da pochi km. Non c'è traccia di anima viva fin dove lo
sguardo può spaziare. Solo il verde del bosco ed il blu sfacciato
del cielo limpidissimo di oggi. Ma, poco più avanti, spunta una vite
coltivata strappando il terreno alla collina, con muretti di pietra a
sostenere le piante e, poco sopra, una cascina che suscita la mia più
profonda invidia per la fortuna dei proprietari. Quassù non c'è
proprio alcun rischio di avere dei vicini di casa o dei visitatori
sgraditi...
La discesa verso il
fondovalle è davvero lunga. Solo negli ultimi due o tre km compaiono
le prime abitazioni ed i campi coltivati. Non appena raggiungo la
strada di fondovalle, ecco la conferma di ciò che temevo. Non è qui
che volevo arrivare. E non riesco a capire esattamente dove sono
arrivata. Ora, per salire a Levice, dovrò seguire la principale a
sinistra o a destra?
Nel dubbio, mi muovo di
buon passo verso destra, scrutando l'altro versante della collina. In
capo ad un km, arrivo nel territorio di Gorzegno. Qui, però,
s'impone una sosta: se non altro, per capire dove diamine sto
andando... Non avendo con me la cartina, che ho stampato e poi
utilmente lasciato a casa, mi affido alla funzione Googlemaps sul
telefonino. Incredibile dictu, qui ai margini del mondo c'è
connessione internet. Benissimo: per salire a Levice, avrei dovuto
svoltare a sinistra. Ma non tutto è perduto. La cartina mostra una
minuscola strada che da qui, da Gorzegno, sale per l'appunto a
Levice, tagliando il versante della collina con un lungo tratto in
diagonale. Ergo: mi dirigo verso il centro di Gorzegno, bellissimo.
Dopo un paio di tentativi infausti, imbocco la via del cimitero: lì,
proprio davanti al camposanto, campeggia un bel cartello blu per
Levice. In alto, i resti del castello, dall'aspetto quasi minaccioso,
da film dell'orrore.
Un vivacissimo cagnetto
bianco e nero interrompe la mia marcia: a stento la padrona lo
richiama all'ordine. Corro per un breve tratto in pianura lungo la
Bormida, dando finalmente sollievo alle richieste perentorie del mio
stomaco vuoto. Ho avvolto alcuni pezzi di fontina nella carta
stagnola, con il risultato che, ora, mangio fontina e frammenti di
stagnola... Ma non è il caso di andare troppo per il sottile. La
fame è brutta.
Supero un imponente ponte
e mi ritrovo dinuovo in salita, su una stradina tranquilla e
secondaria, tra noccioleti e ciliegi in fiore. A dire il vero, le
gambe danno segni di ribellione. Concedo loro qualche tratto al
passo, alternato a tratti in salita, e mi sforzo di bere il più
possibile. Il caldo adesso è arrivato, eccome. Proprio come si
vedeva dalla mappa, la strada prosegue con pochi tornanti e lunghi
traversi, fino allo strappo finale ed all'inserimento su una strada
più grande. Ed ora? C'è un tabellone di legno con la cartina. Dalla
mappa e dal punto in cui è segnato il “voi siete qui”, parrebbe
che, per andare a Levice, si debba girare a destra e salire. Ma non è
che la situazione sia chiarissima. Provo a far così: di corsa in
salita. Ma non sono convinta. Un paio di km dopo, riprendo in mano il
cellulare, pregando per la resistenza della batteria. Infatti: per
raggiungere Levice, toccava andare a sinistra, in discesa.
Dietrofront ed altro
pezzo di formaggio. Ho una fame che potrei assalire un cinghiale a
mani nude, nonostante sia vegetariana. E una fiacca... Mi lascio
portare dalla pendenza. Levice appare di lì a poco: un meraviglioso
grumetto di edifici, la bellissima piazza centrale tutta in pietra.
Ma non sarò in grado di apprezzare appieno tanto splendore se prima
non troverò qualcosa di consistente da mettere sotto i denti.
Un cartello indica un
negozio di alimentari in centro paese. Mi fiondo giù per la
ripidissima strada che porta alla piazza della chiesa, seguendo le
indicazioni del negozietto come se fossero la mia stella polare. Ma,
in piazza, non vedo alcun negozio: solo un bar, proprio in faccia
alla chiesa. Pazienza, qualcosa da mangiare ci sarà.
Entro con cautela: il
baruccio, più un loculo che un locale, è stipato di anziani e meno
anziani seduti lì a guardarsi in faccia e fumare, mentre fuori
tutt'intorno è bellezza e luce abbacinante. Mi sento immediatamente
tutti gli occhi addosso: soprattutto quelli di una ragazzina fasciata
in una gonna corta con calze velate, poco adatta sia all'età che al
luogo, che mi squadra da sotto in su e poi viceversa, con l'evidente
dispetto di chi si vede rompere le uova nel paniere. Tranquilla,
fanciulla... Tempo di comprare due pezzi di focaccia ed una lattina –
chiedendo un panino ho seminato il panico – ed uscire. Fatico a far
capire che voglio due pezzi di focaccia ed una sola lattina, perché
la focaccia è tutta per me... Ma esco trionfante ed un po' più
fiduciosa.
Mi siedo su una panchina
piazzata, per lungo, sul tratto di piazza in discesa: vorrei fare i
miei personali complimenti a chi ha avuto l'idea geniale... Ma non è
il caso di stare a sottilizzare. Divoro il primo pezzo di focaccia e
la lattina, mentre la piazza si riempie delle auto dei fedeli per la
messa. Troppa gente per i miei gusti. Peccato che la fontanella non
funzioni: prenderò acqua a Bergolo... Nella sacca ne ho ancora un
po'.
Riparto su per la
ripidissima rampa che riporta alla strada principale. Direzione
Bergolo: ora va molto meglio. La salita blanda non è di ostacolo
alla digestione. Fa decisamente caldo... Sotto Bergolo, imbocco la
prima via sulla destra, in salita, che porta ad un bivio all'imbocco
del meraviglioso paese. Ora, da qui, secondo la carta di viaggio,
dovrei scendere a Pezzolo Valle Uzzone per una strada che, pure
questa, ho già percorso; da lì raggiungere Todocco e ricongiungermi
con la strada che scende a Cortemilia. Più o meno al Todocco dovrei
incontrare Matteo in arrivo in bici da Genova. Ma c'è un problema,
anzi due. Non sono affatto sicura di quale sia la strada che scende a
Pezzolo – anche se, a mente fredda, pensandoci dopo, capirò che
c'è una sola alternativa possibile – e, soprattutto, per arrivare
fin qui, tra errori di strada e deviazioni varie, sono già vicina ai
quaranta km. Riprendere il programma originario significa macinare
molti km più del previsto e, soprattutto, impiegare molto più
tempo, rinunciando per forza a rientrare a casa ad un'ora decente per
le varie incombenze. Ergo, decido di ripiegare sul piano B.
Attraverso il paese di
pietra e comincio la discesa verso Cortemilia, incurante dei messaggi
di disappunto di Matteo, che mi rimprovera pure di essere partita
troppo presto. Il caldo è davvero eccessivo per la stagione. E non
c'è un filo di ombra...
Il tempo di una foto alla
torre e scendo l'ultimo km verso il centro di Cortemilia. Mi fiondo
alla fontanella, battendo sul tempo un marmocchietto e la madre; ci
butto sotto la testa e riempio la sacca, aggiungendo una bustina di
sali. Non amo affatto la sola acqua durante lo sforzo. Pochi istanti
di tregua, per poi ripartire attraverso la piazza gremita di
motociclisti e di gente vestita da cerimonia per chissà quale
evento. Appena oltre il ponte, di fronte al supermercato, imbocco a
sinistra la Via Salino e, poche centinaia di metri dopo, ad un bivio,
piego ancora a sinistra in direzione dell'Agriturismo Castel Martino.
Questa è una salita
cattiva, ma cattiva davvero. Nelle condizioni di gambe di adesso, con
tanti km e tanta salita già alle spalle, è inutile che io provi a
correre. Gli strappi sono troppo ripidi, il caldo è troppo
aggressivo. Cammino di buon passo per i pochi km, davvero pochi
rispetto al dislivello, che mi portano a scollinare tra ville
iperlussuose con tanto di sorveglianza ed un bellissimo agriturismo,
una rampa dietro l'altra, senza misericordia. Approfitto del fatto di
non poter correre per trangugiare il secondo pezzo di focaccia, ormai
mezza liquefatta dal caldo. Ma la focaccia va sempre bene, sotto
qualunque forma si presenti. La strada spiana nell'ultimo tratto, in
vista di Castino; qui diventa sterrata, ma comunque del tutto
praticabile. Sulla destra si vede la strada principale che collega
Cortemilia a Castino; si sente, in lontananza, il rumore delle moto.
Quel tracciato è molto amato dai motociclisti. Lungo il mio
itinerario, invece, non ho incontrato nemmeno un'auto.
Alla ripresa
dell'asfalto, in una bella radura inondata di sole, riprendo a
correre. E' ormai primo pomeriggio e so che, dopo un bel tratto di
rettilineo, ci saranno un paio di curve in discesa.
Arrivo ad un incrocio con
la strada che, da Castino, va diretta a Cravanzana restando in alto
sul versante della valle. Comunico a Matteo che prendo la direzione
di Cravanzana, tanto per allungare ancora un po': chissà che non
riesca a raggiungermi... Ma è ancora troppo lontano. Poco male:
svolto a sinistra e trotto lungo un tratto di saliscendi tra
noccioleti e splendide case ristrutturate, con vista sulla Valle
Belbo. Pochi umani e molti cani, incluso un Border Collie che mi
abbaia furiosamente e corre avanti ed indietro sul bordo di un
muretto a secco... Ma ben si guarda dal saltare il mezzo metro di
altezza che lo separa da me. Le gambe stanno bene, io mi sono
ripresa, tanto che in breve arrivo al bivio per Cravanzana. Che fare?
Tornare a Ponte Belbo dalla principale, oppure tornare indietro da
dove sono venuta, andare a Castino e scendere di lì? La seconda,
nella vana ipotesi che Matteo, informato dei miei movimenti, mi
raggiunga. Ogni tanto dimentico che, pur essendo molto veloce, non
viaggia in elicottero...
Ripercorro a ritroso gli
ultimi tre o quattro km, causando un'altra arrabbiatura al Border
Collie. Arrivo nel centro di Castino e svolto a sinistra, per
l'ultima galoppata in discesa. Sfortuna vuole che mi superi, nella
discesa, l'intero raduno delle auto “tuning” o, come dico io,
“tamarrate”... Con annesso concerto di fracasso inaudito e gas di
scarico a volontà. Il caldo non molla. Raggiungo Ponte Belbo
abbastanza in fretta: per prima cosa, apro tutte le portiere della
Zafira e mi abbatto nel bagagliaio, stesa con le gambe in alto.
L'arrivo di Matteo e Mik, incontrato per la via, mi risveglia da una
pennichella che mi sembrava durare da giorni... 68 km, per oggi può
bastare.
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