lunedì 28 aprile 2008

27 aprile: giro tra le province di Cuneo ed Imperia

Sono passate da poco le sei e mezza; ci son quattro loschi figuri ed otto ruote pronte e scalpitanti alla frazione Cantarana, lungo la strada statale del Colle di Nava, al bivio per il Colle di Caprauna. Giro la bici verso il colle: uhm, però gli altri son rivolti nell'altra direzione. Che mi stiano pigghiando puù culu? Pare di no... "Da lì arriveremo stasera", mi fa notare Mik con discrezione. E vabbuò, speravo di poter salire subito, ma pazienza. Mi allineo al resto della banda; si parte, direzione Ponte di Nava. La mattinata è grigia, con le nuvole che avvolgono le cime dei monti; chissà che oggi non si becchi anche una bella lavata... Pazienza, ci preoccuperemo quando sarà il momento.

Da Ponte di Nava svoltiamo a destra per la prima salita, che porta a Viozene, Upega ed alla Colletta delle Salse. Nessuno strappo duro, ma un tracciato che a me piace poco: saliscendi, continui cambi di pendenza. Decido fin da subito che non darò una mezza pedalata più dello stretto necessario: Mik per oggi ha programmato un itinerario assassino, quindi la parola d'ordine è "risparmiare le forze". Vedo subito i miei colleghi, Mik, Luca e Tita, allontanarsi avanti, ma non importa. Mi distraggo ammirando le cime che cominciano appena a vedere la luce del sole, i pendii ancora carichi di neve. Non c'è nessuno per la strada, non un'auto, niente di niente, prima di Viozene, dove incontro un paio di escursionisti e noto, stese sul parapetto a bordo strada, alcune tute che, credo, appartengono a qualcuno che si diletta di rafting. Pazzi! Probabilmente la stessa identica cosa che pensano loro guardandomi arrancare.




Poi la strada si infila in una stretta gola, bellissima; roccia a picco sopra la testa, faccio un bel po' di foto. Trovo i miei colleghi appostati all'ombra ad aspettarmi: come faranno a non ibernare?
Man mano che saliamo, la pendenza si fa più severa; a bordo strada compare la neve.





Mi porto avanti col lavoro, in discesa, mentre gli altri si vestono con calma. In realtà è una discesa per modo di dire: da lì a Pieve di Teco ci sono ancora un bel po' di km di falsopiano, su e giù, insomma, le solite cose che odio! Mi stupisco della pazienza con cui i miei compagni d'avventura scendono dietro di me, senza superarmi per un bel po': io sono un disastro in discesa! Magari non han voglia di rischiare, boh... Meno male, gilet antivento e manicotti sono più che sufficienti a ripararmi dal freddo.
Mentre attraverso l'abitato di Piaggia, mi telefona Ale: è a Pieve di Teco, ci accompagnerà per un tratto. Rischio l'osso del collo in un maldestro tentativo di prendere il cellulare nella tasca della maglia e srotolarlo dalla borsa di plastica in cui l'ho avvolto, poi mi rassegno a fermarmi. Rispondo, ma ovviamente non so dire né dove siamo, né da dove veniamo, né dove stiamo andando: giro queste domande esistenziali a Mik e richiamo lo sventurato quinto elemento; ci troveremo a Pieve.

Da qui, la meta successiva è il Passo della Teglia, che ho percorso due domeniche fa in compagnia di Lorenzo e Claudio, dall'altro versante. Proprio loro ci verranno incontro salendo da Molini di Triora. Alè, finalmente si sale. I matti se ne vanno, io resto come al solito indietro e mi consolo sbranando un quadrettone di Ritter al gusto di Mousse al Cioccolato: per timore che si squagli con il sole, lo faccio fuori tutto... Che goduria maxima!!! Tanto, mi sa che oggi le smaltisco, queste calorie.

Anche il Teglia non è una salita terribile: lunga, sì, ma non terribile. Ad un tratto, alzo lo sguardo e vedo gli altri un paio di tornanti sopra la mia testa: cavoli, siamo alle solite... Ma che ci posso fare se sono lenta e pesante? Gian, lascia che vadano, magari prima o poi schiattano anche loro! O no? No, mi sa proprio di no...



Che spettacolo l'ambiente di questa salita. Le foglioline degli alberi sono appena appena spuntate, di un bel verde chiaro acceso; il sole si fa già sentire con il suo bel tepore. E le gambe, per ora, girano.
Ritrovo la banda in cima al colle: anche qui, come d'abitudine, mi fermo il tempo necessario per chiudere la cerniera del gilet e via in discesa. Anche da questo versante, quello che ho fatto in salita due settimane fa, il paesaggio è mozzafiato; anzi, ancor più bello perché esposto e con vista sul mare.
Dopo qualche km, incrocio Lorenzo e Claudio: sono contenta di vederli! Chi va, chi viene: Ale ci abbandona e rientra in direzione del Colle d'Oggia; Claudio e Lorenzo invece si aggregano fino alla Colla di Langan. Anche questa salita mi piace molto: pur non essendo ripida, è molto regolare, dà respiro alle gambe. Pronti partenza via, ecco che i marrani se ne vanno ancora una volta. Posso solo immaginare la bagarre che si scatenerà tra loro, ma non è roba per me; come al solito, mi perdo nei miei pensieri e con il mio passo da carro funebre arrivo, pian piano, alla cima. Lorenzo e Claudio qui si congedano e tornano sui loro passi; Mik, Luca, Tita ed io proseguiamo la corsa verso il fondovalle, ad Isolabona, e poi risaliamo verso Bajardo.

Il primo paesello che incontriamo, abbarbicato sul fianco della montagna, è Apricale, con quelle caratteristiche case che sembrano costruite una sopra l'altra in equilibrio precario. Passo in mezzo ai bar ed alle trattorie, certi profumi che acuiscono, se ce ne fosse bisogno, la mia cronica fame! Poi la strada continua, salendo dolcemente, tra case, piante e fiori di ogni colore, fino ad arrivare a Bajardo, dove si arriva con una bella serie di tornanti. Questa volta almeno Tita non scappa; è sempre lì in vista, ogni tanto allunga, ogni tanto mi avvicino. Mi fa un po' da lepre, anche se non mi azzardo a forzare per raggiungerlo. Non avrebbe alcun senso e mi farei solo del male.




A Bajardo, ritrovo Luca e Mik spaparanzati al sole, accanto alla fontana: mannaggia a loro, nessun rispetto per chi fatica come una bestia da soma troppo carica! Però sono contenta, davvero, sto andando bene nei miei limiti, nessun problema né di gambe né di fiato. E poi, finalmente, fa caldo: io adoro il caldo!

Passato Bajardo, svoltiamo a sinistra; ancora pochi km di leggerissima salita, in cui Mik come al solito scappa avanti, mentre Luca e Tita han deciso evidentemente di poltrire ancora un po'. Lunga discesa verso Badalucco e... Sorpresona! Pare ci sia una scorciatoia che porta a Badalucco senza arrivare fino a fondovalle; così dice Mik. Fiduciosa, imbocco con entusiasmo questa mezza mulattiera con rampe che fanno strillare le gambe già stanche: però, che bella!!! Uno, due, tre tornanti, poi s'arriva ad un bivio. C'è una stradina che va giù, ma pare più un itinerario da calata in corda doppia che una via percorribile in bici da corsa, e poi ce n'è un'altra che va su: e vogliamo non andare a vedere dove finisce? Così ci incamminiamo di gran carriera su questa specie di sentiero fatto di buche enormi con un po' d'asfalto intorno... Già, peccato che Badalucco, anziché avvicinarsi, si veda sempre più indietro ed in basso rispetto a noi! Dopo circa un km, siamo costretti ad ammettere che siamo impercettibilmente fuori strada... Okkei, dietrofront, si torna a riprendere la strada principale.

A Badalucco troviamo una provvidenziale cartina e notiamo d'essere, in fondo, sulla retta via verso il Colle d'Oggia. Qui Tita dice: "Son già quattro e quattro". Lì per lì, capisco che intenda dire che sono passate da poco le quattro, come effettivamente è: solo dopo, molto dopo, capisco che si riferiva ai quattromilaquattrocento metri di dislivello in salita già messi in saccoccia. Cavoli, a quel punto non mi pareva proprio d'aver marciato già così tanto!

Purtroppo, salendo al Colle d'Oggia, ecco l'attesa crisi, non di gambe ma di fame. Ho ancora una brioche, ma ne sono ormai nauseata: ben mi sta, la mia mania di comprare le sottomarche per risparmiare! Io sogno una cucchiaiata di marmellata, e queste brioches l'hanno forse vista con il cannocchiale, la marmellata... Vorrei fermarmi a prendere qualcosa al bar, ma non voglio costringere i miei colleghi a perdere altro tempo. Certo che questo colle mi fa soffrire peggio del Mortirolo. Gli ultimi km sono un calvario, la testa che gira, le gambe molli. Mi rassegno a cacciar giù con l'imbuto l'ultima merendina e provo a distrarmi guardando il bellissimo panorama di questi posti: ma le scritte sull'asfalto sono impietose, segnano ogni km che manca... Che fatica, mamma mia. Pestare su quei pedali e sentire che proprio non vogliono andar giù. E l'agitazione che cresce perché i miei colleghi saran già su da chissà quanto...

In cima non mi fermo, via subito in discesa. Poi, ad un tratto, ci fermiamo: è ora di decidere cosa fare! Andare ancora al Colle di Caprauna, ma è già tardissimo, o tagliare un po' il percorso previsto ed andare al Nava? Uhm, io al Caprauna andrei volentieri, a condizione di fermarmi a prendere qualcosa da mangiare. Luca però fa notare che ci sarebbero ancora sessanta km di marcia: vuol dire arrivare all'auto con il buio. No, non se ne parla... Se avessi le luci dietro, OK, ma scendere dal Caprauna al buio non è proprio la mia prima aspirazione. Ci terrei a sopravvivere per fare qualche altro bel giro!

Alla fine ripieghiamo tutti sul Colle di Nava. Io sono ormai al lumicino, una fame abominevole, più il nervoso che mi mette addosso il traffico fitto fitto di auto e camper che rientrano dal fine settimana lungo. Avrei voglia di farli sparire tutti giù per la scarpata, maledettissimi! Poi diventa un gioco di ostinazione, quelli che suonano ed io che mi metto apposta in mezzo alle scatole! Che ci provino, a sfiorarmi... Chissà se arriverò in cima? Sono inferocita con il mondo intero...
Per un attimo mi pare d'avere un miraggio: alzo la testa e dall'altro lato della strada si materializza Matteo, che oggi si è sciroppato un trail da 50 km e 3.000 mt di dislivello e poi ha ben pensato di completare la giornata facendo un po' di ripetute su e giù per il Nava. Non ci posso credere, ha pensato proprio a tutto, anche al soccorso alimentare!!! Un pezzo di colomba, finalmente un po' di zuccheri, per me è la vita! Eh sì, perché anche il Nava, quando la benzina è finita, diventa una salita insormontabile. Invece i km passano via veloci con il racconto del trail a distrarmi dalla fatica; ecco il forte, ecco il colle. Da lì a Cantarana, vado per forza di gravità... Quando scendo dalla bici, ho male ovunque, alle gambe, alle braccia, alla schiena, sono un rottame. E non sono l'unica che ulula per il dolore.



Però i numeri un po' mi consolano: poco meno di 220 km e circa 5.800 mt di dislivello, secondo la stima più modesta. Un giro, nonostante la mia crisi, bellissimo, spettacolare, che ripeterei molto volentieri. Le ultime foto prima dei saluti e, poi, la vera impresa della giornata: tornare a casa nonostante il traffico stramaledetto del rientro! Per fortuna guida Mik, fresco come una rosellina di campo... Così io posso entrare in coma!

sabato 26 aprile 2008

25/26 aprile 2008: notturna in Langa

E' un giorno di vacanza, sono passate da poco le undici, splende il sole ed io sono già di ritorno dal mio giro in bici. Mi sento un po' in colpa, mi pare un'eresia! Come se stessi "buttando via" un pomeriggio che dovrei passare ad allenarmi e, invece, trascorrerò a dormire un po' ed a fare pulizia in questo disastro che è la mia casa, più che mai preda del caos totale. Ma c'è poco da recriminare: stasera alle 8.30 si parte un'altra volta, in sella e via. Non sono Superman, anzi, non sono Wonderwoman e non posso permettermi d'arrivarci cotta.

Nel tardo pomeriggio, alla spicciolata, arrivano gli altri componenti della spedizione: una mini-randonnée del forum Bicidacorsa in piena regola! Ci sono Franco (Femfem), Graziano (Cimebianche), Claudio (ClaudioBG), Matteo (Maethius), insieme a Luca (All_I_need_is_bike) che si unirà più avanti nel percorso. C'è c'è anche l'ospite illustre, Ivano, il papà della Super Randonnée della Fausto Coppi. Insomma, la crema della crema dei pedalatori da lunga distanza... Ah già, e poi ci sono io, la palla al piede della crema della crema dei pedalatori di lunga distanza. Del resto, se l'idea della notturna è frutto della mente diabolica di Franco, il percorso è parto della mente deviata della sottoscritta: quindi, dovranno aspettarmi, tutti quanti!










Si mangia una pizza alla svelta, ci si prepara; sono quasi le nove e siamo pronti alla partenza: sembriamo un branco di extraterrestri. Probabilmente, è proprio questo che pensano gli attoniti viandanti che incontriamo lungo la nostra strada. Resto dell'idea che, perlomeno sulla strada tra Carmagnola, Ceresole d'Alba e Sommariva Perno, viaggiare in bici di notte, con la dovuta illuminazione, sia più sicuro che non farlo di giorno: le auto alzano gli abbaglianti, rallentano, sorpassano o sfilano accanto con la cautela di chi cammina sulle uova! A Ceresole, passiamo davanti ad una pattuglia dei Carabinieri che, stranamente, non ci ferma per farci il test del tasso alcolico nel sangue. Meno male: altrimenti scoprirebbero che non è colpa del vino; siamo proprio così di natura!

Tutto fila liscio fino a Sommariva Perno, dove, per colpa di una buca, la luce posteriore di Matteo salta via e si smonta. Incredibile, raccolti tutti i pezzi, la lucina funziona ancora! E' finita la pianura: Pocapaglia, Macellai, Pollenzo, passiamo il ponte sul Tanaro ed ecco la prima salita, La Morra. Cavoli, lo zaino sulle spalle pesa, soffio come un asino troppo carico, in più ho anche caldo. Ho indossato i pantaloni tre quarti felpati, la maglia maniche lunghe, l'antivento. Già, per ora la temperatura è mite; ogni tanto un soffio d'aria tiepida; però, più avanti farà freddo, eccome. La temperatura scenderà e, soprattutto, la stanchezza ed il sonno renderanno più ardua la battaglia contro il freddo.

Cielo stellato, aria limpida, dalla vetta si vedono le luci di Langa a perdita d'occhio, che spettacolo. Non avremmo potuto incappare in una notte migliore. Si discute, vedremo la luna stasera oppure no? Per ora, nessuna traccia. Scendiamo a Gallo d'Alba, dove troviamo ad attenderci Luca. C'è sempre meno traffico, è tardi e poi ormai siamo fuori dalle strade più battute. Passiamo accanto ai vigneti della tenuta Fontanafredda e sotto il castello di Castiglione Falletto, poi via per la seconda salita, Monforte d'Alba dalla frazione Perno. Qualche rampa severa qui c'è. E' una stradina sperduta: buio, boscaglia, cani che latrano. Ivano esorta a spegnere le luci ed a godersi la salita guardando solo le stelle e la linea bianca che si intravede a bordo strada: ha ragione, tutto questo è magico.
Cominciano le fughe, Ivano ed io restiamo un po' indietro. Ci si riunisce a Monforte, già deserta, e poi giù per la veloce discesa verso Dogliani. Al paese, tappa alla fontanella, qualche foto e riprendiamo la marcia. Direzione Bossolasco ma, poco dopo, deviamo a destra verso Bonvicino e San Benedetto Belbo.




La salita è dolce, dapprima irregolare, poi appena più decisa dopo l'abitato (ma sarà abitato davvero? Non c'è segno di vita) di Bonvicino. Franco, Graziano e Luca sono in fuga; Matteo mi aspetta, Ivano e Claudio sono poco più indietro. Saliamo in rispettoso silenzio, si sente solo il rumore dell'aria, il canto dei grilli ed il cigolio disperato di qualche parte della mia bici che, come al solito, cerca invano di lamentarsi dei miei maltrattamenti. Salgo il più possibile a luci spente, perché nulla mi impedisca di vedere le stelle. Dal colle, ecco le luci di San Benedetto Belbo, che raggiungiamo dopo una breve discesa ed un'altrettanto breve risalita. Imbocchiamo poi una stradina sperduta sulla destra, che, con qualche rampa impietosa, ci porta sulla strada tra Niella Belbo e Mombarcaro, la "vetta delle Langhe". Una toccata e fuga al belvedere di Mombarcaro è d'obbligo: con il chiasso che facciamo nella piazza del paese, è gi tanto se qualche indigeno inviperito per il sonno interrotto non ci rovescia in testa un pitale... E' l'una di notte passata!


Ci vestiamo per la lunga discesa verso Niella Belbo ed il fondovalle, da cui poi risaliamo a Bossolasco. E finalmente la luna! Una splendida mezza luna gialla con i contorni sfumati da un po' di nuvole, che spettacolo! Qualche km in cresta ci porta verso la Pedaggera: da qui, discesa a Costepomo verso Valle Talloria e poi sono dolori! Comincia la salita più temuta - ed anche la mia preferita - verso Albaretto Torre. Un impietoso cartello "18%" ci fa capire subito con chi abbiamo a che fare. Inutile dire che, nei trenta secondi che impiego a levarmi la giacca, gli altri marrani si son già dileguati. E vabbuò, non è mica una novità... Spengo le luci, tanto ormai di quest'asfalto conosco ogni buca, ogni sassolino. Non so perché, sarà che sono contenta, sarà l'entusiasmo per la compagnia, ma mi pare che la notte mitighi le pendenze. Strappi, latrati di cani, ancora strappi, benedetto il 34x29. Circa 4 km, poco più di 400 mt di dislivello e sono su nella piazza del paese, dove i miei compagni di viaggio han già avuto tempo, a momenti, di montare tavolino e seggiole e cuocere il brasato al Barolo (visto che siamo in zona).

Qui Luca ci lascia e torna verso casa, come da programma. Noi superstiti, dopo Albaretto, svoltiamo a sinistra, torniamo alla Pedaggera e ci lanciamo giù per la bella discesa verso Cravanzana. Forse il tratto più delicato del giro: il fondo stradale è ottimo, ma la strada è stretta, ripida, con parecchie curve secche. E poi noi siamo già, chi più chi meno, stanchi. Picchiata sul torrente Belbo e poi qualche km di risalita che fa male alle mie gambe già indurite. Ma sarò solo io ad avere questa sensazione? I miei colleghi saltano su quei pedali come grilli... Solo Matteo mi aspetta; gli altri son già filati via. Mi sento in colpa a farli aspettare, ma che posso farci se sono così scarsa?

La voglia di caffé è sempre più pressante, ma dovremo attendere ancora parecchio, mi sa. Nella discesa verso Bosia, devo sforzarmi di combattere i primi attacchi del sonno. Fatico un po' ad intuire le curve, e non è colpa del buio, anche se le nuvole si sono mangiate le mie stelle e la mia luna. Ancora una volta passiamo il Belbo, poi la lunga e dolce salita verso Borgomale. Di giorno il traffico qui non manca, ma adesso c'è solo deserto e silenzio. Si accende tra Ivano, Claudio e Matteo la discussione sulla Super Randonnée Fausto Coppi, sulla possibilità di avere l'auto al seguito, sui ristori, ma non ho il fiato per intromettermi.

A Manera ci coglie la nebbia che sembra proprio fitta: cavoli, speriamo bene, ci sono dieci km di discesa adesso! Per fortuna, si tratta di un falso allarme; la discesa, facile e veloce, procede tranquilla, con il solo inconveniente di un tappeto di vetri di bottiglia su cui passano alcuni di noi. Il caso vuole che nessuno buchi.

Ad Alba arriviamo con la prima timida luce. Bar aperti, nemmeno l'ombra, quando avremo il nostro caffé? Le fatiche dei nostri eroi non sono finite; si sale a Guarene da Castelrotto, con tre o quattro rampe che sono vere frustate per le nostre gambe ormai stanche. Brontolano tutti, i miei colleghi, ma salgono tutti meglio di me. A Guarene è giorno fatto; dal centro del paese svoltiamo a sinistra, direzione Castagnito. Col sonno che ci tormenta, passiamo un'altra breve rampa, che ci porta a San Rocco. Pausa per prendere l'acqua: ne approfitto per mangiare un po' di cioccolato, perché la mia luce s'è ormai spenta. E' sonno, è fame, è tutto insieme.

Manca poco alla conclusione delle nostre fatiche. L'ultima salita è quella di Monteu Roero: in un estremo accesso di sadismo, conduco i miei prodi non lungo la strada principale, ma su per la stradina che passa dalla frazione Bordoni e che, manco a dirlo, costringe a strappi su strappi. Ma è tutto inutile: sopravvivono anche a questo, i malnati!

Una capatina in centro a Monteu: chissà mai che il bar sia già aperto, in fondo sono le sette... Manco per sogno. Rassegnati, ci avviamo per gli ultimi venticinque km o giù di lì, passando per strade secondarie, frazione San Grato e San Bernardo. A Ceresole, a dieci km da casa, ecco la prima forma di vita: un bar aperto! Sarà un miraggio prodotto dal sonno? Macché... Il caffé ce lo danno per davvero!

Un po' più svegli e rinfrancati, ringalluzziti soprattutto per la consapevolezza che ormai è finita, ripartiamo a passo di scampagnata verso Carmagnola City. Arriviamo a casa giusto in tempo per tirare giù dal letto mia sorella ed il mio adoratissimo quattrozampe.



In totale, secondo i colleghi muniti di contakm, 192 km e 3.300 mt di dislivello circa. Per le mie gambe è deleterio più un giro così, contiunuamente su e giù su pendenze sempre diverse, che non un percorso magari più lungo e con dislivello molto maggiore, ma con salite lunghe e regolari... C'è da dire che, comunque, ce la siamo presa davvero con calma, con tutte le soste possibili. Del resto, non eravamo mica in gara!

Che altro aggiungere, se non un grazie immenso ai miei compagni di questa splendida avventura? Non mi ci sarei lanciata senza di loro; tutti pazienti, ostinati, tenaci abbastanza da rendere possibile una notte meravigliosa. Un'altra fotografia nell'album dei miei ricordi ciclistici più cari. Alla prossima!

domenica 20 aprile 2008

Dal biomeccanico... Pure io!

Ebbene sì, è proprio vero... Mai dire mai! Fino ad un paio di settimane fa, l'idea non mi avrebbe nemmeno sfiorata; invece, alle tre di ieri pomeriggio, eccomi che parcheggio la potente (e scalcinata) Opel nel piazzale di fronte al negozio Bortolami di Castano Primo. Cavoli che spettacolo... Io non capisco una beneamata fava di bici, componenti, marche,è già tanto se ho imparato a togliere e mettere le ruote, ed a cambiare copertoncini, camera d'aria e pattini dei freni, insomma, lo stretto necessario per sopravvivere; però, che meraviglia, quelle vetrine!

Entro con un po' di timore, per via del mio cronico disagio quando mi trovo in posti nuovi e con persone che non ho mai visto: che meraviglia! Aveva ragione Emanuele, lì dentro c'è proprio di tutto; non c'è bisogno di portarsi da leggere per ingannare l'attesa. Bici bellissime, accessori, abbigliamento, e poi il mio settore preferito, lo scaffale delle bombe!
E' proprio con Emanuele che ho appuntamento. Decisione tanto improvvisa quanto, probabilmente, saggia. Infatti, trattandosi di idea sensata, devo precisare che non è nata da me, ma dal consiglio di Pietro: s'è preso talmente a cuore le mie matte idee del Raid Provence Extreme, della RATA, della Super Rando, che mi ha perseguitata senza scampo per un bel po', fino a farmi capitolare. Dovrebbe fare il promotore finanziario, il venditore di pentole a domicilio, o magari il politico, per la capacità persuasiva che ha! E' riuscito a scardinare uno dei miei più saldi pregiudizi, riassumibile in una domanda: "Ma se sulla mia bici son dieci anni che sto divinamente, perché diavolo dovrei cambiare?". Beh, in effetti, se c'era un momento buono per farlo, è questo, visto che le mie ambizioni 2008 sono ancor più al di fuori della mia portata del solito.

Sono più agitata che alla partenza di una granfondo. Mi aspetto che su di me si abbatta qualche solenne cazziatone... Bici, tacchette, tutto per me è sempre stato regolato secondo le ferree regole del caso; il buon Emanuele si metterà le mani nei capelli! Invece, per fortuna, non è così... Ha una dose di pazienza da fare invidia; poveretto, si vede che è stravolto, dev'essere reduce da una settimana di tregenda, eppure si mette subito all'opera. Curioso, nessuno mi prendeva più le misure dai tempi lontanissimi in cui mia mamma mi faceva fare qualche abito dalla sarta!

Ma è biomeccanica o stregoneria? Come abbia fatto Emanuele ad azzeccare il fatto che di notte sono preda dei crampi sotto al piede, ed anche nei polpacci, e questo quasi ogni notte, è mistero. Poi via a pedalare, spostare sella tacchette manubrio e ancora pedalare, rispostare e pedalare, cavoli, è quasi divertente questa storia! Emanuele mi spiega la ragione di ogni cambiamento, con santa pazienza, guarda e riguarda la pedalata, prova e riprova, ogni volta va un po' meglio, alla fine mi ritrovo con una posizione completamente diversa da prima, almeno, a sensazione.

Mentre mi rendo nuovamente presentabile agli occhi del mondo - che fatica, un'ora e passa di rulli! - la prima delle mie due bici va sotto i ferri. Un po' timorosa, mi avvicino al locale delle riparazioni: spero di non dare troppo fastidio a chi ci sta lavorando, ma mi piace da matti vedere come Emanuele riporta le misure sulla mia bici. Metro, bolla, e chi le ha mai viste queste cose? Io mi son sempre regolata, o meglio, il mio meccanico si è sempre regolato secondo il criterio della spanna! La sella fila un po' più in alto e tutta indietro, il più possibile, così come le tacchette, poco prima, sono andate tutte in avanti. Di tanto in tanto mi distraggo, mi guardo intorno, un po' per sbirciare le altre bici "in cura", tutte ovviamente molto più pregiate delle mie, e un po' sorpresa dalla quantità di gente che affolla il negozio.
Emanuele, mosso a pietà dalla condizione disastrosa dei miei gioiellini - e dire che la sera prima li ho lavati nella vasca da bagno!!! - me li tira anche a lucido, che quasi non li riconosco più, che spettacolo! Poveretto, mi spiace vederlo così stanco e dargli anche tutte queste incombenze; oltre che molto preparato, è anche gentilissimo!

Bastano un paio di giri su e giù per il piazzale, per capire che son cambiate un sacco di cose - anche se i jeans a zampa d'elefante non sono l'indumento più pratico per questo genere di test. Torna tutto in auto: sono ansiosa di vedere come va!

L'indomani, cioè oggi, ecco una buona dose di salite, poco meno di tremila metri di dislivello in tutto, con qualche pendenza di rispetto, come gli strappi della bellissima Valcava. Forse un giorno solo è poco per giudicare: però, son cambiate un sacco di cose sulla mia bici e va tutto benissimo! Dolori, nulla - era un po' il mio timore, del tutto infondato, il fatto di non adattarmi ai cambiamenti; scarpe comode con le tacchette ben sotto la punta del piede (io ci avevo provato, a metterle così, ma non ero stata in grado); un piccolo plantare nella scarpa destra; didietro molto meno "ballerino" di prima - forse adesso sono un po' meno inguardabile in bici? - e, dulcis in fundo, la possibilità di star seduta bene sulla sella senza finire sempre mezza fuori perché non riesco ad allungar le gambe. Insomma, sono molto meno rattrappita.
Nei ponti del 25 aprile e del 1° maggio farò una vagonata di km, oltre a quelli che macinerò in settimana; avrò modo di provare e riprovare, ma sono certa che non ci saranno problemi, visto il giro di oggi che è stato comunque un test significativo, credo. Le differenze si son viste in meglio, per adesso.

E poi ho passato un bel sabato pomeriggio, curioso, molto istruttivo, anche perché Emanuele ha la pazienza di mettersi lì e spiegare tutto quel che fa. La tristezza nel vedere gente in bici, mentre io viaggiavo in auto verso Castano anziché in giro per salite, è andata via in fretta! Ne è valsa la pena!

domenica 13 aprile 2008

Sanremo, 13 aprile 2008

A questo punto, potrei anche pensare di prendere baracca e burattini e trasferirmi in Liguria... Tanto, son sempre là! Anche oggi, partenza da casa alle quattro e mezza, destinazione Sanremo. Meno male che guida Max: io son così assonnata che riuscirei ad entrare in autostrada al contrario!

I pannelli luminosi sull'Autofiori sono confortanti: 7, 8, 11 gradi, la temperatura pare nu babbà! Poco dopo le sei e mezza siamo ad Arma di Taggia. Scovo Lorenzo e Claudio intenti a farsi di chissà quali sostanze proibite al bancone di un bar. Lorenzo è reduce da una brutta caduta in gara la scorsa domenica: ha un ginocchio ed una spalla doloranti, ma non se ne fa un problema. Veloce presentazione per tutti, si parte, via verso il Poggio.

Bene, oggi ho deciso che sono combattiva: son già in piedi sui pedali per non perdere la ruota di Claudio sui due saliscendi dell'Aurelia. Il sole sta appena spuntando dietro le montagne: luce limpidissima, cielo blu, si annuncia una splendida giornata! Si chiacchiera, si sale bene; ok, il Poggio non è certo il Mortirolo, però mi sa che ho cominciato un po' troppo forte. Le gambe però stanno bene... E se ci provassi?
Studio un po' i miei colleghi... Lorenzo è già lì che sale con il 53x1, rapporto che terrà più o meno per tutto il giro. Claudio dichiara il proprio incrollabile amore per la tripla, ma lo vedo, che in salita non scherza. Anche Max sale bene.

Passiamo il Poggio, via verso Ceriana. Si chiacchiera ancora; Lorenzo è un appassionato di geologia, ci spiega tutto il tuttibile sulle vicende geologiche della valle. Io ascolto e non mi accorgo, per ora, della salita. Bellissimo l'abitato di Ceriana: prima pausa caffé al bar. Lorenzo patisce i postumi di una notte brava in discoteca... Poi si sale, destinazione Monte Ceppo. Splendida salita, ripida ma senza pendenze impossibili. Sento le gambe girare agili, senza fatica: nonostante i 26 km di corsa del giorno prima! Cerco di non perdere terreno rispetto a Lorenzo e Claudio. Difficile, anche perché, per colpa di Lollo, rischio continuamente di soffocare dalle risate! L'aria è ancora tagliente, gelida, ma un po' di sole pian piano sta arrivando. Che spettacolo, questo posto! Temevamo di trovar neve, invece no, la strada è spesso ingombra di sassi, ma ci si passa. 1450 mt di dislivello per la prima salita.

Sempre fedele al mio mito del vero uomo, scollino senza vestirmi: ideona... Mi porto avanti con il lavoro, vado giù mentre gli altri si vestono e fan sosta in cima. La discesa è ripida, l'asfalto sporco e un po' viscido; scendo con molta cautela, anzi troppa, come al solito. Intanto le mani si congelano. Pochi km più avanti c'è un incrocio: mi fermo, aspetto i colleghi; non vorrei mai sbagliare! Da lì a Molini di Triora, la discesa è ancora lunghissima e quasi tutta in ombra: arrivo giù ibernata, tremo e batto i denti, non vedo l'ora che ricominci la salita. Altra pausa caffé, graditissima, a Molini, poi via verso il Passo Teglia. Mi aspettano circa 11 km di salita. Attacco subito con impegno, soprattutto perché ho voglia di scaldarmi. Mi meraviglio io stessa di riuscire a salire molto a lungo in piedi sui pedali, oggi. Max resta un po' indietro; Lorenzo e Claudio passano avanti, io accelero un po' per non perderli. Anche qui, le pendenze sono severe, ma non impossibili. Stiamo risalendo la vallata, Molini è già in fondo. Salita meravigliosa, soprattutto quando si raggiungono i km finali in cui gli alberi lasciano il posto a distese spoglie: ambiente severo ed affascinante. Fa freddo, nonostante il sole. Incrociamo un paio di ciclisti in discesa: dunque non siamo soli, ci sono altre forme di vita quassù!
Lollo dà sfogo a tutta la sua verve comica, manca poco che mi ribalti dalla bici per le risate... Quando invece mi dice che gli sembra che io stia andando bene oggi, non rido affatto, ma sono felice! Detto da un ciclista del suo calibro, questo vale doppio!!!
Poi l'ultimo tornante, si arriva in cima. Ci affacciamo dall'altra parte, niente neve, benissimo! Seguo Lorenzo che scende subito, mentre Claudio aspetta Max in cima, almeno credo. La strada scende in mezzo ad un bosco ancora spoglio: solo qualche timido accenno di fogliolina verde appena spuntata. Stavolta la giacca me la sono messa, eccome. La levo non appena arriviamo a San Bernardo di Conio ed iniziamo la risalita verso il Colle d'Oggia. Qui comincio a pagare le mie intemperanze. Le gambe non sono già più così brillanti... Faccio finta di nulla, insisto con un rapporto un po' più duro del mio solito e continuo ad alzarmi sui pedali. Faccio ancora fatica a mettermi in mente questi luoghi, ma in cima al Colle d'Oggia mi torna in mente con piacere un bel giro che ho fatto, passando di qua, poche domeniche fa. Altra lunga discesa verso Badalucco, poi un tratto di falsopiano in discesa in cui provo - sia pur con scarso successo - ad attaccarmi alla ruota di Lorenzo per ripararmi dal vento. Non è facile però.

Attacchiamo la terza salita, destinazione Vignai e poi Baiardo. Mi accorgo solo dopo un po' che Max ha deciso di non seguire il resto della truppa e di tornare al mare. A questo punto, non c'è più santo che tenga, devo riconoscere di avere esagerato finora... Le gambe sono indurite, faccio proprio fatica a star dietro a Lorenzo e Claudio. Non mi va di mollare adesso, cavoli: probabilmente è l'ultima salita della giornata; Gian dai, un po' di orgoglio. I nuvoloni neri sono sempre più spessi lassù: comincio a pensare che ci prenderemo una bella lavata... Vabbè, pazienza, ormai siamo qui. La salita alterna tratti leggermente ripidi a lunghi pezzi di falsopiano in cui respiro. Ho fame!!! Attacco un plumcake, tentando di non soffocare. Vedo che tendo a perdere contatto con i miei due colleghi, che ogni tanto rallentano per aspettarmi. Quando manca un km circa alla fine, ecco il patatrac: per un attimo vedo tutto buio, la testa che sembra un pallone. Afferro un'altra merendina, la trangugio a mò di pitone, spero che basti. Sì, ormai la fatica è finita, si scollina. Lorenzo ci saluta, ha fretta di rientrare; Claudio ed io scendiamo con più calma, affacciandoci a vedere Baiardo. Il cielo è minaccioso, adesso. Decidiamo di rientrare: so che Max è giù in attesa, mi spiace farlo aspettare, e poi comunque ne ho avuto abbastanza, per oggi. Viaggiare in salita a questo ritmo, per me, è più distruttivo che fare il doppio dei km mantenendo la mia andatura da tartaruga. Torniamo giù per la strada da cui siamo saliti all'inizio: Ceriana, Poggio, Arma. Per quanto sono congelata, sono contenta di arrivare giù e godermi un po' di tepore del mare. Max ed io ci godiamo mezz'oretta di sole seduti su un sasso in spiaggia: la mia giornata finisce nel migliore dei modi possibili, coprendo di coccole una splendida femmina di Rottweiler che si chiama Tsunami, ma ha un po' paura delle onde...

lunedì 7 aprile 2008

Costa Azzurra, 6 aprile 2008

Come al solito, mi ripropongo d'essere puntuale... Ma non ci riesco nemmeno alzandomi un'ora e mezza prima dell'appuntamento, che per giunta oggi è sotto casa mia! Mi ci vuole un quarto d'ora già solo per rinchiudere la bici dentro la sua borsa... Lotta estenuante, ma alla fine la cerniera si chiude! Alle 5.45 precise mi precipito giù per le scale; per fortuna Michelangelo è appena arrivato.
Ero scettica, ma a torto: incredibile, la Y può davvero contenere due bici! Quella di Mik nel bagagliaio, la mia sul sedile, e non è nemmeno necessario che io mi sistemi sul tettuccio! Fantastico...

Si parte, è ancora buio. Tutta colpa dell'ora nuova, che a me proprio non piace; pazienza, mi verrà comoda stasera! Il viaggio è più breve di quanto pensassi; arriviamo a Breil Sur Roya in poco meno di due ore. C'è anche da dire che Mik è un ottimo pilota: non ho nemmeno patito un po' sulle curve, niente di niente, caso più unico che raro! Di solito, mi viene il mal d'auto anche quando guido io... Anzi, soprattutto quando guido io!

Scarichiamo le bici e siamo pronti in pochi minuti. Sono le otto: qui in fondo alla valle, il sole arriverà solo tra un bel po'; fa un freddo boia! Meno male che ho portato giacca e guanti... Però ho i pantaloni corti e, segretamente, invidio un po' la divisa invernale di Mik, che ho preso in giro fino a tre secondi prima. C'è di bello che il cielo è di un meraviglioso blu... Si annuncia una giornata stupenda e, spero, calda. Che diamine, siamo pur sempre in Costa Azzurra o quasi! Deve fare caldo!

Pochi km di discesa, con invettive di varia natura contro il freddo, poi svoltiamo a destra ed iniziamo la salita verso Olivetta. Via la giacca, via i guanti lunghi: l'aria è ancora fredda, all'ombra mi vengono i brividi, ma quando arrivano i raggi del sole sulla schiena, che goduria! La prima salita è breve e facile; il fiatone se ne va dopo pochi minuti. Che spettacolo di posto: è il commento che avrò in mente più o meno per tutto il resto del giro. Ben presto, Mik parte e se ne va. Niente da fare, è un vero missile in salita: pedalata elegantissima, sembra non sentire la salita; quando decide, parte, va e mi molla come una cozza appiccicata allo scoglio. D'altro canto, a me non passa nemmeno per l'anticamera del cervello l'idea di tentare l'inseguimento. Ho la leggiadrìa e lo scatto di una foca monaca un po' anziana ed acciaccata... Meglio che stia buona e mi goda il panorama. Tanto Mik lo ritroverò in cima, semiassiderato.



La discesa per fortuna è abbastanza breve: da vero uomo, non metto la giacca; mi limito a tirare su i manicotti ed arrivo in fondo con le mani che hanno perso ogni utilità. Il sole è ancora troppo basso per illuminare e riscaldare tutta la nostra strada. Destinazione Turini: per fortuna si riprende a salire. 24 km, pendenza sempre regolare, nulla di particolarmente impegnativo. La strada è ancora deserta; posso andare a zig zag come mia abitudine, guardare il panorama, scattare una valanga di fotografie. Anche qui, Mik ben presto parte e va. Peccato che io riesca a vederlo solo fino alla prima curva, poi basta... E' uno spettacolo, veder andare in salita quei personaggi lì.
Per ora, salgo bene, tranquilla, senza problemi. Ho un po' di preoccupazione, perché ieri, come al solito, ho fatto la furba: 172 km e 2.800 mt di dislivello nelle Langhe. Però, è proprio questo a cui devo abituarmi: lunghe distanze e dislivelli consistenti in giorni ravvicinati. Chissà quand'è che scoppio, oggi: prima o poi scoppio, però... Intanto, mi sbafo il mio Ritter versione Loacker. Un bel quadrettone: mi assolvo subito pensando che ho fatto colazione con una tazza di latte ed una fetta di pane, basta...




A bordo strada compare un po' di neve, sempre di più via via che salgo: mi sa che sono vicina alla cima. Infatti, di lì a poco, ecco il cartello "Col de Turini" e Mik fermo al sole, in paziente attesa. Lascio che sia lui a cimentarsi con il francese, per chiedere se il giro della cima sia possibile o no. Non convinti, andiamo su ancora qualche km, fino a superare quota 1.800: uhm, c'è un sacco di gente che circola con sci e racchette da neve... Mi sa che non siamo dotati del mezzo migliore per fare il circuito della cima in questa stagione. Infatti, ci ferma una bella distesa di neve che occupa tutta la strada. Per un secondo, mi prende il terrore che il mio collega voglia tentare lo stesso l'avventura: sono già pronta a rifiutarmi con sdegno... Per fortuna, il mio timore è infondato.







Approfitto di una pausa di Mik per prendere un po' di vantaggio in discesa; lo attendo al colle, poi via verso La Bollene Vesubie. Gelida e bellissima, la discesa. Mi sforzo di vincere almeno un poco la paura, per non costringere il mio pazientissimo compagno di viaggio ad un'attesa eterna anche in discesa, oltre a quella che già gli infliggo in salita... Ma non c'è niente da fare, mi frega anche su questo terreno. Pazienza.

A fine discesa, svoltiamo a sinistra per Lantosque ed ancora a sinistra per una stradina secondaria, bellissima, che in poco meno di 4 km ci porta all'abitato di Loda. Breve discesa, poi altri 9 km di salita, verso un colle di cui non ricordo assolutamente il nome. Ricordo, però, che questa strada mi piace da matti! Il sole adesso è alto, fa un calduccio adorabile. Da qui fino a L'Escarene, ho un ricordo un po' confuso; sarà che abbiamo fatto diecimila salite, una più bella dell'altra. Persino le discese mi son piaciute: strade ampie, quasi sempre con un buon fondo, traffico nullo, splendido sole che mi rende persino un po' più coraggiosa. Che bello, seguire dall'alto la stradina che va giù a zig zag in mezzo agli alberi... Vista così, fa quasi paura, ma in realtà non ha pendenze eccessive, anzi.

A l'Escarene si consuma il dramma... Il nostro itinerario prevede di raggiungere Peille per la strada lungo il fiume. Già, peccato che ci sia un bel cartello in centro del paese: route barrée. Benissimo. Non convinti, percorriamo qualche km: si sa mai che magari in bici si possa passare. Manco per idea: c'è un bel cancello in mezzo alla strada, con scritto qualcosa del tipo "scoppio di mine". OK, convincente, si torna indietro. A L'Escarene guardiamo la cartina: c'è una stradina che dovrebbe permetterci di aggirare l'intoppo ed arrivare a Peille. Convinti ed entusiasti, ripercorriamo un pezzetto della route barrée ed imbocchiamo una stradina minuscola sulla sinistra. Un paio di rampe secche all'inizio ci fanno subito capire chi è che comanda. Ho deciso che non voglio cedere al 34x29, ma che fatica! La stradina è davvero un disastro, asfaltata per modo di dire, con un bel po' di sassi e rigogliosi ciuffi d'erba in mezzo. Eppure c'è un viavai di auto inspiegabile, per una strada del genere; probabilmente allora siamo nel giusto, questa è proprio l'alternativa alla strada di fondovalle. Saliamo, saliamo, saliamo: la pendenza è irregolare, alterna strappi e tratti di falsopiano, discesa, ancora strappi. Ecco, l'ideale per i miei gusti. Mi chiedevo quando sarebbe arrivata la crisi; mi sa che adesso è vicina.
Ad un tratto, in una curva, scivolo con la ruota anteriore e vado a un pelo dal precipitare a terra: già, io; peccato che Mik invece a terra ci finisca davvero. Cade su uno dei blocchi di cemento a bordo strada... Il mio cuore perde un bel po' di battiti, sono terrorizzata: panico all'idea che si sia fatto male... Quasi non ci credo quando lo vedo rialzarsi, subito, con calma olimpica, come se nulla fosse stato. Danni alla bici, un freno storto ed un tappino del manubrio perso, ma nulla per lui, per fortuna. Io però fatico un po' a risalire in sella, e mi ci vuole qualche km prima che le gambe smettano di tremare. Che idiota che sono, se non avessi frenato, lui non sarebbe caduto.
Questi pensieri, e questa strada che continua a salire e scendere e salire e scendere chissà per quanto ancora, mi buttano addosso lo sconforto. Fame, stanchezza, gambe pesanti, lo sapevo che prima o poi la cotta sarebbe arrivata. A nulla vale la consolazione di vedere, laggiù in fondo, il mare. Ho paura, non ce la faccio più, le gambe sono sempre più molli. La riserva del cioccolato è finita da un pezzo; vado avanti a barrette Grancereale, ma mi sembra che la pancia le attacchi e le distrugga in un attimo, senza alcun beneficio. La fine di questa mulattiera mi pare un miraggio... Eppure no, il cartello è proprio vero, c'è scritto "Peille"!!!
Mik chiede ad un indigeno quale sia la strada migliore per tornare sulla nostra rotta. Intanto io guardo su per la montagna davanti a me: c'è una strada che corre su su in alto, speriamo che sia la nostra. Speriamo...

Sono accontentata. Dall'abitato di Peille, altra salita verso il Col de la Madone, se non ricordo male: pendenza minima, ma le raffiche di vento ci rendono la vita piuttosto difficile. Però, questa salita tranquilla e regolare è la mia salvezza: mi risistema le gambe e mi rincuora, cavandomi da quello stato di preoccupazione e tensione in cui ero piombata lungo la stradina malefica. Sullo sfondo, sempre il mare. Poi, discesa verso Sainte Agnes, con l'immagine di una fortezza sulla cima di una rupe. Controlliamo un'altra volta la cartina: adesso sì, siamo giusti. Da Menton prendiamo la direzione per Sospel, attraverso il Col de Castillon.
Per me, altra crisi nera. Quasi improvvisa: questa è proprio fame, fame brutta. Se non trovo qualcosa di sostanzioso da mettere sotto i denti, sono panata. Ancora una volta, cado nello sconforto... Quasi non ci credo quando, proprio all'inizio della salita, sulla sinistra, vedo l'insegna salvifica: "boulangerie". Raccolgo il fiato che mi resta per richiamare Mik, prima che schizzi irrimediabilmente su per la salita: anche lui pare apprezzare l'idea!
Ci fiondiamo in panetteria con l'aria di due reduci da una settimana di assoluto digiuno e scegliamo alcuni tra i dolci sul bancone, possibilmente le cose dall'aspetto più ignobilmente grasso e calorico. Cioccolato, burro, panna gli ingredienti dominanti... Altro che maltodestrine, il pain au chocolat ci mette le ali ai piedi!

Butto l'occhio al campanile, sono le sei meno un quarto. Cavoli Gian, qui ti devi muovere. Ripartiamo, Mik schizza via, io cerco di fare del mio meglio, complice la pendenza davvero minima. Benché la strada sembri più che altro un lungo falsopiano, i tornanti rendono questa salita comunque piacevole e vivace. E poi, qui, nessuno suona se ogni tanto allargo un po' le curve. I km scorrono veloci; il Col de Castillon arriva in fretta. La luce è già quella della sera: via, veloci a Sospel, dove facciamo l'ultima sosta per riempire le borracce. E mò sono cavoli miei. Mancano 500 mt di dislivello. Dico a Mik di non aspettarmi in cima, ma scendere subito all'auto, e poi mi lancio anch'io in una vera e propria galoppata, per come può galoppare un ronzino come me. 15, 14, 13 km a Breil, per fortuna anche qui la strada non pende molto, anzi, mi consente di rilanciare di continuo l'andatura alzandomi in piedi sui pedali. Cosa rarissima! Ormai la luce raggiunge solo più le cime, è gialla, fioca. Mannaggia Gian, ti vuoi muovere? Qui rischi di arrivare giù a notte! Manca poco, ma la tensione è altissima. Nel contempo, però, sono soddisfatta, contentissima del giro stupendo e del modo in cui le gambe, ancora adesso, rispondono. Certo, la stanchezza c'è, ma non mi sarei mai aspettata di reggere così bene la fatica fino alla fine.
Due tornanti mi portano alla cima del Col de Brouis: mollo i freni e la paura, via in picchiata su Breil. Scorrono i km, 9, 8, 7; le curve sono un'opinione, le taglio tutte, ho un freddo cane e voglio solo arrivare all'auto. E, quando ci arrivo, trovo Mik che ha già sistemato la bici nell'auto e s'è già anche cambiato; manca solo che abbia fatto gli spaghetti. Beh, c'è da essere soddisfatti: 207 km, 5.300 mt di dislivello. Mica poco!!!
Mentre carico frettolosamente la bici, si avvicina un anziano signore, che ci chiede notizie del nostro giro. Parla italiano, ci chiede se arriviamo da Torino: lui è stato a Torino nel 1944, durante la guerra, scampato alla deportazione in Austria. Mi sembra di sentire ancora i racconti di mio nonno: anche lui ricordava con nostalgia gli anni pur tragici della guerra e della prigionia. Questo signore avrà almeno ottant'anni, se non di più, ma una lucidità eccezionale: passa senza problemi dal francese all'italiano al dialetto piemontese. Mi rammarico di non poter restare più a lungo ad ascoltarlo... Ma è già tardi ed ho un freddo che non riesco a levarmi di dosso; saluto e mi rinchiudo in auto: sono le otto, povero Mik, stasera gli toccherà fare le ore piccole. Si riparte, su verso il Colle di Tenda, raccontandoci le impressioni della corsa e godendoci gli ultimi raggi di luce che abbandonano la valle, finché il profilo delle montagne ed il cielo si confondono in un unico nero.

venerdì 4 aprile 2008

Race Across The Alps 2008: anche Alex c'è!!!

Copyright Alex:

Race Across The Alps 2008 il mio sogno. Finalmente dopo tanti mesi di “attesa” Lunedi’ aprendo la posta elettrronica ho ricevuto la conferma x la partecipazione alla prossima edizione che avrà luogo il 20 Giugno a Nauders. Finalmente perché ora so’ che tutti i sacrifici e i duri allenamenti al quale mi sto’ sottoponendo da quest’inverno avranno un senso ma finalmente soprattutto perché non vedo l’ora di essere li’ tra quelle montagne, io e loro. Sarà una sfida dura e terribile ma allo stesso tempo esaltante e avvincente e l’obbiettivo prima di tutto sarà di arrivare sullo striscione di arrivo a Nauders per coronare il sogno di finirla una corsa cosi’. Non importa il tempo, i fortissimi avversari, la media, la velocità, l’unica cosa realmente importante è esserci e portarla a termine.
Lo Stelvio, il Gavia, Il Mortirolo e Il Bernina e lo stupendo Albulapass e poi il Fluela e infine L’Umbrail sono li’ che mi aspettano e faro’ di tutto x riuscire a domarli, sempre con la consapevolezza di non esagerare, mai, con questi giganti non si puo’ scherzare. E poi l’adrenalina dei giorni prima della partenza, il pensiero che ormai da mesi corre a quella fatidica data, spesso vivere il “prima” è piu’ eccitante del “durante” dove la sofferenza e il dolore, ma anche la gioia e la passione mi daranno, spero, emozioni indimenticabili.
Ringrazio Giancarla, lei è la persona al quale per primo devo chiedere grazie x avermi “ispirato” e per avermi convinto a partecipare. Leggere di tutte le sue imprese ciclistiche è stata la prima motivazione a provarci, la seconda non meno importante è l’amore x le montagne e per la salita. Conosco abbastanza bene gran parte di quelle strade e molte delle salite del percorso, patiro’ come sempre le pene dell’inferno sul Mortirolo e la lunghezza estenuante del Bernina e ho già adesso, con la speranza di arrivarci, il terrore puro del Passo Umbrail in quanto ultima salita vera e soprattutto con le forze ormai credo al lumicino ma spero di venire ricompensato dai bellissimi panorami che incontrero’ lungo il viaggio, sperando possibilmente nel bel tempo. E poi il freddo e il buio della notte, nella solitudine totale dove bisognerà trovare la forza e le motivazioni per andare avanti, sempre e comunque. Sarà bellissimo, amo la solitudine e il silenzio.
Anch’io ho ancora qualche problema di equipaggio ma spero di risolverlo quanto prima in quanto trovare delle persone disponibili a seguirmi in questa che voglio definire “follia ciclistica” non è semplice, ma spero fortemente che la mia passione riesca a coinvolgere qualcuno che mi aiuti a coronare un sogno, un’avventura da ricordare spero x tutta la vita e poi alla fine a festeggiare insieme a lei, a Gianca, perché sono sicuro che questa volta ce la farà, ne sono piu’ che convinto e non è un’augurio è un’ordine. DEVI FARCELA!!!

giovedì 3 aprile 2008

Verso la Race Across The Alps 2008

Questa sera, mentre correvo a piedi su e giù per il mio cavalcavia preferito, ho visto una bellissima stella cadente: siccome nessuno ci crede, ma tutti lo fanno, mi sono affrettata a cercare un desiderio da esprimere. Però, in una frazione di secondo, me ne son saltati in mente talmente tanti che alla fine il tempo è scaduto e non ne ho espresso nessuno. Però, in fondo, a pensarci bene, io la mia stellina l'ho vista, quindi sono in credito! Se lo esprimo adesso, si avvererà almeno a metà?

Il mio desiderio più bello per il 2008, manco a dirlo, si chiama Race Across The Alps, capiterà i prossimi 20 e 21 giugno. Vero, è un desiderio riciclato dall'anno scorso, ma siccome nel 2007 mi è rimasto incompiuto, quest'anno ricomincio da capo e spero di avere miglior fortuna.

E' sempre lei, l'austera signora che ha questo profilo arcigno:



E questa è la strada che, io spero, le ruote della mia bici andranno a percorrere:



L'anno scorso, il tempo tiranno mi ha fermata a Santa Maria.
Il prossimo giugno vorrei fare meglio. Ci sono tante circostanze, stavolta, che giocano un po' a mio favore. Nel 2007 ho avuto la notizia della mia ammissione a tre settimane dalla corsa, mentre stavolta ho la certezza di esserci, dall'istante stesso in cui, la scorsa edizione, ho dovuto staccare le tacchette dai pedali. L'anno scorso non sapevo nemmeno come fossero fatti, cinquecento e rotti km in montagna, ma alla fine quasi non mi rendevo conto d'averne percorsi oltre 440; quindi, la distanza in sé non mi fa più paura. E poi quest'anno ho già 4.700 km nelle gambe e due mesi davanti per macinarne ancora tanti.

Nonostante tutto, ho la consapevolezza che l'impresa di chiudere la corsa nel tempo massimo sarà quasi impossibile. 32 ore sono poche per 525 km e 13.000 mt di dislivello: non sono poche in assoluto, ma sono troppo poche per me, anche nella migliore delle ipotesi di meteo clemente, di condizione fisica buona, di bici in perfetto ordine senza alcun problema meccanico. S'era parlato della possibilità di allungare il tempo massimo a disposizione almeno delle donne, ma mi sa che ormai non se ne fa più niente, le regole sono scritte. Purtroppo sono lenta e pesante in salita e del tutto incapace in discesa, dove potrei recuperare tempo prezioso che invece perdo consumando i pattini dei freni. Il saggio direbbe: ma che 'cce stai affà, allora? Eh, il fatto è che al cuore non si comanda; il mio, di cuore, è ancora lassù dove l'ho lasciato l'anno scorso, forse sul Mortirolo, sul Bernina, o magari è già andato più avanti, è tornato a Nauders; comunque sia, devo andare a recuperarlo.

La testa e le gambe sono già là, pronte. Restano ancora da definire gli aspetti "pratici": reclutare due o tre persone che compongano la mia scorta obbligatoria, più un'auto grande a sufficienza, tipo un monovolume, per "contenere" i coraggiosi che dovranno seguirmi nel grande viaggio e tutto il bagaglio che mi porterò al seguito, seconda bici compresa. Aspetti non secondari, perché la squadra è importantissima: se so di potermi fidare di chi è al seguito, io devo, davvero, solo e soltanto pedalare, e so che mi basta alzare un dito per avere tutto ciò che mi serve. E so che, se sarò in difficoltà, ci sarà qualcuno che mi dirà la parola giusta al momento giusto. L'anno scorso, sotto questo aspetto, sono stata fortunatissima; quest'anno, chissà.

Manca poco, bisogna pensarci, bisogna prepararsi, il 20 giugno è dietro l'angolo. Ma non ho ansia e nemmeno paura. Quest'anno sarà diverso, ora so a cosa vado incontro, conosco le strade, le asperità, soprattutto i miei punti deboli. Una salita dopo l'altra, io sogno di farcela, sperando in un po' di benevolenza da parte di Giove Pluvio. Dovrò stare calma sullo Stelvio e sul Gavia, cauta sull'Aprica che pure invita a spingere un po' di più, dovrò stringere i denti sul terribile Mortirolo, poi riposare ancora verso l'Aprica, armarmi di pazienza sul lunghissimo Bernina, godermi il bellissimo Albula e sopportare la noia dei falsipiani sul Fluela, chiudere il cerchio sull'Ofen e, infine, buttar via le gambe distrutte ed andar su solo con il coraggio rimasto, all'Umbrail, allo Stelvio, al Resia che è l'ultimo salto verso la felicità. Forse. E comunque... C'è ancora tanta strada su cui pedalare, ma io ci sarò! Poco ma sicuro! Chi mi accompagna?

http://www.raceacrossthealps.com/

martedì 1 aprile 2008

Agosto 2005: a caccia di Manfred

Fine agosto 2005, sono trascorsi più di sei mesi da quando ho ricevuto la ferale notizia dell'annullamento della XXAlps Nationals 2005, e ancora fatico a rassegnarmi. L'edizione 2004 ha lasciato un segno così profondo nei miei ricordi, oltre che nei miei garretti, da buttarmi addosso un dispiacere pesantissimo ogni volta che ci penso. Ahimè, gli affari sono affari; gli organizzatori, a gennaio, si son fatti probabilmente due conti e devono aver concluso che il gioco non vale la candela. Così, niente Nationals per il 2005, e niente nemmeno per gli anni a venire.

La mannaia delle ragioni di bilancio ha però risparmiato, almeno per quest'anno, la versione Extreme, cioè la corsa che, da Vaduz, percorre l'arco alpino per 2000 km fino alla Costa Azzurra. Tra i pazzi al via, anche Manfred, uno dei due temerari che, nell'estate 2004, ha condiviso con me (ma molto meglio di me) l'avventura della XXAlps a tappe. Ci siamo scambiati diverse mail prima della sua partenza; come d'accordo, nel giorno previsto per il suo passaggio ai colli Vars e Bonette, parto per andare a fare il tifo.

Purtroppo, non ho avuto la possibilità di comunicare con Manfred durante la gara, nei giorni scorsi, quindi non posso sapere più o meno a che punto del percorso si trova. OK, prima di partire mi ha dato delle indicazioni di massima; ma, a quest'ora, è in sella da sei giorni e con ben poco sonno alle spalle. Difficile sapere se la sua tabella di marcia è stata rispettata oppure no! Io l'ho visto correre, Manfred, so che è una roccia, ma questa è un'impresa estrema, dove difficoltà ed imprevisti sono dietro l'angolo.

Pazienza, io ci provo, gliel'ho promesso. Lascio l'auto alla fine della discesa del Colle della Maddalena, dal lato francese; scarico la bici, zaino in spalla, parto, destinazione Col de Vars. Ho messo nello zaino un buon equipaggiamento da pioggia: il cielo non promette niente di buono. Per ora, però, non piove; posso sfoggiare la mia maglietta XXAlps, per essere riconoscibile anche agli occhi probabilmente stanchi ed assonnati di un ultraciclista a fine gara. Sono emozionata come se fossi parte della corsa io stessa. Un po' mi brucia, non aver nemmeno voluto tentare l'Extreme... Ma sarebbe stato troppo costoso e troppo complicato. Avrei dovuto trovare tre o quattro persone disposte a vivere una settimana in un furgone al seguito di una corsa in bici; avrei sostenuto un costo davvero consistente; soprattutto, non avrei potuto nemmeno lontanamente immaginare di farcela. Di cose folli ne ho fatte tante, ma qui si tratta di avere un minimo di decenza. Sette giorni di fila su e giù per i colli alpini... Va bene l'impresa, ma di imprese vorrei tentarne ancora un po', prima di passare a miglior vita!

L'agitazione cresce, man mano che mi avvicino alla cima. Mi sembra di volare. Ad un tratto, ecco, in uno degli ultimi tornanti: incrocio un ciclista seguito da un furgone con i lampeggianti e gli adesivi XXAlps; poi, più indietro, un altro furgone, quello dei giudici di gara. E' un attimo. Secondo me quel ciclista non è Manfred ma, nonostante questo, mi sento scoppiare dall'emozione. Ho appena incrociato un extraterrestre. Un fenomeno!!!

Vado ancora su fino al colle: non sia mai che io lasci una salita incompiuta. Ecco, come immaginavo, i goccioloni: giù il diluvio universale... Non incontro più nessuno; non posso, però, pensare di fermarmi sul colle ad aspettare. Con questa temperatura, fradicia come sono, rischio di ibernare. Decido di tornare giù ed andare alla Bonette: raggiungerò il ciclista che ho incrociato prima e chiederò all'equipaggio se sa dove sia Manfred. Senza rendermene conto, commetto un peccato di presunzione: chi mi assicura che riuscirò ancora a raggiungerlo, il ciclista di prima? Una volta tanto, però, ci azzecco. Metto le ali ai pedali, passo La Condamine, passo Jausiers, attacco la salita con tutta la foga di cui sono capace. Piove, piove e ancora piove. Tutto grigio intorno, solo nebbia e strati di nuvole sospese. In un'altra circostanza, la paura mi avrebbe già mangiata. Ma oggi non ho tempo di preoccuparmi; devo raggiungere il ciclista misterioso della XXAlps. Pochi km e lo scroscio della pioggia si attenua: lo vedo, è lassù, pochi tornanti avanti a me. Il furgone dei giudici procede pianissimo, poi si ferma; ad un tratto, lo sorpasso, lo sento ripartire, ce l'ho a fianco. Si sporge dal finestrino un personaggio che mi chiede, in un buon inglese: "Come hai fatto ad avere quella maglia?". Eh eh, come ho fatto... Io c'ero!!! L'anno scorso, io c'ero... Potenza dell'entusiasmo, mi sembra che la strada sia quasi in discesa adesso. I giudici mi fanno i complimenti, mi hanno vista sul Vars, ora sono già qui, mi dicono "You're very fast" e a me vien quasi voglia di cacciare un urlo, un bello YABADABADOOOOO stile Fred Flintstone... Poi spuntano una telecamera ed un microfono, per un saluto dalla ciclista italiana. Chiedo loro se sanno dove sia Manfred: è lassù, mi dicono, è proprio il ciclista che sto inseguendo.

Possibile? Eppure no, non è lui, Manfred non è il ciclista che ho incrociato giù dal Vars. Non ha senso, l'avrei riconosciuto, mi avrebbe riconosciuta. Ma ormai manca poco, sono quasi addosso al misterioso superman. Alla fine lo affianco, ci salutiamo: lo sapevo, avevo ragione io, non è Manfred. Ma non importa: colgo l'occasione per fare quattro chiacchiere, anche se non è semplicissimo, perché il ciclista parla poco inglese ed io non capisco un'acca di tedesco. Adesso sì, mi sento davvero parte della gara. Per quel che posso, gli faccio i complimenti davvero di cuore, lo incoraggio: il peggio è passato, manca davvero poco, il colle di St Martin Vesubie, il Turini, poi è fatta. Mi racconta d'aver dormito poche ore, meno di dieci, di aver dovuto fare fronte a giorni interi di pioggia, di vento, freddo. Porta in viso i segni evidenti dello sfinimento. La forza delle sue gambe è finita, ora c'è quella della caparbietà che lo porterà fino alla fine, a Roquebrune. Mi sento piccola piccola e inopportuna, di fianco a questo ragazzo che pure mostra una disponibilità ed una modestia ammirevoli. Addirittura, in cima, mi ringrazia per averlo accompagnato ed avergli alleviato un po' delle fatiche della Bonette... Poi sparisce dentro il furgone della squadra che lo assiste.

Con un misto di entusiasmo e di nostalgia nel cuore, decido di non fermarmi. Voglio tornare giù subito, dalla stessa parte da cui son salita, verso Jausiers. Ora so per certo che Manfred è ancora indietro: salirò al Vars ancora una volta, sperando ancora di incontrarlo. Sulla Bonette soffia un vento gelido; il mio Gore-Tex per fortuna salva la situazione, ma la discesa con i guanti bagnati e le dita irrigidite è tutt'altro che divertente. Spero di vedere, dietro ad ogni curva, un ciclista ed il suo furgone al seguito; ma nulla, fino a Jausiers, nulla. Ha ripreso a piovere. Torno sui miei passi, ancora una volta su verso il Col de Vars. Giove Pluvio non sembra avere intenzione di concedere un po' di tregua, non a me, ma a quegli eroi che stanno pedalando da giorni e giorni. La galleria prima del bivio per St Paul sur Ubaye è l'unico momento di sollievo dal diluvio. Per fortuna, qui la quota rende il freddo un po' più sopportabile che sulla Bonette. Le gambe sentono ancora la forza dell'entusiasmo, quasi si rendessero conto della portata eccezionale di questo evento che, in fondo in fondo, un pochino sto vivendo anch'io. Ma passano i km, i tornanti, arrivo alla cima e di Manfred nessuna traccia. Mi dispiace. Mi spiace da matti, davvero. Ma che posso fare adesso? Se scendo verso Guillestre, rischio di andare incontro ad un peggioramento del tempo e di non poter più salire in cima, perlomeno, non in tempo per sfruttare le ore di luce. Insomma, rischio di mettermi nei guai. Aspettare in cima, non se ne parla: fa troppo freddo, sono fradicia fino alle ossa. E poi, aspettare cosa? A questo punto, non so quando Manfred arriverà; non so nemmeno se arriverà, anche se lo spero con tutto il mio cuore, perché se lo merita davvero tutto, questo successo. C'è poco da meditare: devo tornare giù, all'auto. Forza Manfred, non potrò farti il tifo, ma ce la devi fare.

Riparto in auto con un po' di tristezza. Leggerò la mail di Manfred qualche giorno dopo: i giudici di gara sono stati di parola, gli hanno portato il mio saluto ed il mio incoraggiamento. E' arrivato alla fine, a filo del tempo massimo, comunque ce l'ha fatta. Grandissimo Manfred. Alla tua prossima, eccezionale impresa!